Ex Province, Rosario Crocetta rilancia e promette  «In tre mesi un libero consorzio con Gela capofila»

«Forse in tre mesi si riesce a fare un nuovo libero consorzio, con Gela capofila». Ogni volta che torna nella sua città Rosario Crocetta è di manica larga. Scansa le contestazioni (oggi ad attenderlo c’erano i lavoratori della residenza sanitaria assistita, che non ricevono gli stipendi da 14 mesi), inaugura qualcosa (in questo caso la biblioteca del liceo classico, che torna a splendere dopo un incendio che l’aveva distrutta nel 1977), e lancia proclami. Come quello sui libero consorzi, dopo la bocciatura all’Ars degli scorsi giorni sull’annessione alla città metropolitana di Catania. «A me piacerebbe che Gela avesse la speranza di essere capoluogo – rilancia ai giornalisti il presidente della Regione -. Non capisco perché la città sia così sottotono rispetto a questo problema. La legge era stata fatta per consentire a Gela di diventare capofila di un consorzio Caltagirone-Gela. I gelesi – continua – con il referendum avevano detto: vogliamo diventare provincia. In ogni caso la questione dipende dal parlamento, non dal governo». 

Di fronte a una platea contenta della riapertura di una biblioteca, che promette di diventare presidio culturale dell’intera città, Crocetta strappa applausi convinti al termine di un intervento appassionato e a 360 gradi. Definisce i nuovi spazi della scuola «un esempio di solidarietà democratica», parla di Eschilo che «a Gela fu il primo rifugiato della storia» e della città che «fu esempio di accoglienza verso il più illustre dei migranti». 

La situazione attuale, però, vede una città che boccheggia per via di una riconversione annunciata, ma finora non attuata. Nelle intercettazioni lucane degli scorsi giorni, riguardanti l’inchiesta sul petrolio in Basilicata, si è appreso che alla firma del protocollo d’intesa Crocetta era talmente entusiasta del risultato ottenuto da spingersi a dire che all’allora ministra Guidi si sarebbe dovuto «fare un monumento». A distanza di un anno e mezzo da quella firma e con uno scandalo di mezzo, il pensiero è più pruduente. «Non ho mai realizzato monumenti nei confronti di Guidi – risponde piccato a Meridionews -. Nell’inchiesta il mio nome non c’è, ci sono altri nomi». 

Rimane però la crisi delle ditte e dei lavoratori, soprattutto dell’indotto. «Abbiamo riconosciuto loro la cassa integrazione e stiamo lavorando per gli investimenti. Io non sto coi demagoghi che vorrebbero la riapertura della Raffineria – chiarisce l’ex sindaco – anche perché ci sono leggi europee che ce lo impediscono. La salute dei cittadini ha un valore. Ogni bambino malformato è una colpa grave della classe dirigente. L’altro giorno sono stato all’Oasi di Troina, e molti di quei bambini vengono da Gela. Abbiamo il dovere di interrompere questi viaggi». 

C’è tempo pure per parlare di rifiuti, che alle porte dell’estate rischia di ridiventare il prossimo nodo gordiano tra Regione e Stato nazionale. «Stiamo mettendo un argine ma la bacchetta magica non ce l’abbiamo. Un appalto ha dei tempi ed è necessario qualche mese – spiega il presidente della Regione -. Se il governo nazionale non ci fa completare gli impianti, che stiamo realizzando e che invece il governo Cuffaro non realizzò, nonostante lo stato d’emergenza di allora, si assume una responsabilità nei confronti del popolo siciliano».

Andrea Turco

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