Quella data fissata dal governo per il prossimo 26 febbraio non ha convinto pressoché nessuno. «Si deduce che sarà uno scherzo», aveva ironizzato già ieri Vincenzo Figuccia, facendo notare che la data scelta dall’esecutivo regionale per le elezioni di secondo livello nelle ex Province coincideva proprio col Carnevale.
Insomma, i deputati dell’Ars rivogliono il voto diretto nelle ex Province. Così si fa spazio tra i corridoi di palazzo dei Normanni l’ipotesi di un passo indietro da parte del governo: Crocetta e i suoi potrebbero optare – intanto – ancora una volta per il rinvio delle elezioni in cui a votare sarebbero soltanto sindaci e consiglieri comunali. D’altronde, far andare al voto le ex Province di Palermo e Trapani a fine febbraio, con le amministrative ormai alle porte, potrebbe non avere comunque molto senso. Così, con ogni probabilità, il governo intanto potrebbe adottare la formula del rinvio per tutte le nove ex Province.
Un voto, quello di secondo livello, che ormai non vuole più nessuno. La ragione? Ufficialmente «per rispettare l’esito referendario con cui gli italiani, oltre ad avere bocciato la riforma costituzionale, hanno espresso il loro disappunto anche sul pasticcio delle Province». Ma dietro il nobile vessillo della volontà popolare, le ammissioni – rigorosamente a taccuino chiuso – sono bipartisan tra i corridoi del Palazzo: nel lungo anno elettorale i partiti si ritrovano a fare i conti con la riduzione dei parlamentari e coi tagli ai consigli comunali. Servono, insomma, nuove poltrone per far quadrare il puzzle delle candidature. Così ecco tornare in auge il voto diretto. In barba al ceffone che in questo modo si darebbe all’intero esecutivo.
Intanto il rinvio della data per le elezioni di secondo livello potrebbe essere votato già il prossimo martedì dall’Aula, mentre proseguirà il dibattito sulla proposta di un ritorno alle urne per le Città metropolitane e i Liberi consorzi. Sarà anche il giorno in cui Fausto Raciti incontrerà il gruppo parlamentare del Partito democratico per fare il punto sul voto diretto. Un atto dovuto che, però, lascia poco spazio alla fantasia: il segretario dem tenterà la difficile via della mediazione, ma i deputati Pd sembrano ormai pronti a richiamare alle urne i loro elettori.
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