Cronaca

Caso Arka, cliniche usate come scatole cinesi «Fatture false per coprire le perdite in bilancio»

La sanità privata torna al centro della lente degli inquirenti che, questa mattina, hanno esposto alla stampa il risultato delle indagini culminate con un sequestro preventivo di alcuni beni – per il reato di bancarotta fraudolenta – della clinica privata per anziani Arka di Catania. Nella stessa ordinanza i magistrati hanno deciso anche l’arresto per il titolare, Salvatore Musumeci, imprenditore catanese attivo nella gestione di strutture a pagamento. Coinvolte anche altre persone: la moglie del professionista Maria Luisa De Vita, il figlio Roberto Marco Musumeci e il ragioniere dell’azienda Rosario Desi. Le vicende contestate a vario titolo agli indagati riguardano il dissesto finanziario e il fraudolento impoverimento patrimoniale di Arka srl, dichiarata fallita nel marzo 2015, attiva nella gestione della clinica e accreditata dal servizio sanitario regionale. Al centro delle indagini anche la creazione di una nuova società, la R.S. Arka srl, sempre riconducibile alla famiglia Musumeci.

Secondo gli investigatori a fronte di crediti inesistenti messi in bilancio a partire dal 2011 e in presenza di debiti consistenti, la società, pur avendo maturato negli anni una notevole perdita di soldi, continuava l’attività inserendo nel bilancio finti finanziamenti dei soci per apparire in questo modo ai creditori in buona salute. Altra operazione finita sotto la lente è stata la cessione del ramo d’azienda a favore della R.S. Arka Srl, con l’intenzione di distrarre a favore della nuova società la parte sana dell’azienda e ottenere così che la struttura sociosanitaria convenzionata con il sistema sanitario risultasse avviata e priva di debiti. Il gip quindi ha disposto il sequestro preventivo delle relative quote societarie e di capitale, nonché dei beni costituenti l’azienda. Per la salvaguardia dei livelli occupazionali e dell’erogazione dei pubblici servizi in convenzione, il giudice ha nominato tre amministratori giudiziari.

Gli inquirenti indicano il ragioniere Rosario Desi come testa di legno del sistema. «Nel corso della perquisizione abbiamo trovato di tutto tranne l’ufficio di un ragioniere – aggiungono i magistrati – Allarmante la condotta posta in essere per sistemare le carte mentre noi facevamo la perquisizione. Queste persone parlavano tra di loro, cercando di emettere fatture proprio per coprire la perdita di bilancio», spiega il pubblico ministero Fabio Regolo. «La signora De Vita, moglie di Salvatore Musumeci, era anche la contabile della società», aggiunge. A spiegare lo schema è il colonnello capo della guardia di finanza Roberto Manna. «Arka viene ceduta nel maggio del 2011, ma un mese prima era stata costituita la Rs Arka, precostituendo le condizioni per fare quello che è stato fatto. La residenza sanitaria Rs Arka è diventata, attraverso un fitto di ramo d’azienda, la parte buona della clinica, mentre nella vecchia società si è tenuta la perdita», precisa il militare. 

«I debiti e i crediti, c’era scritto nel contratto di cessione, sarebbero rimasti a carico della prima società. L’accreditamento al servizio sanitario regionale (un milione e mezzo di euro) è stato spostato dalla vecchia società alla nuova, sistemando l’organigramma della società con il pagamento di duemila euro mensili come corrispettivi». Le fatture false «servivano per creare utili finti alla Arka», precisa Roberto Manna. «Il settore dell’assistenza sanitaria agli anziani è un settore florido se gestito lecitamente, proprio per l’invecchiamento progressivo della popolazione, non è in crisi», interviene il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. «Per questo è ancora più incompresibile l’atteggiamento degli imputati», sottolinea. I quali riuscivano a pagare tutti, dai fornitori ai dipendenti, cercando però di eludere il fisco. « Ma questo rientra nello schema – afferma il pm Regolo -. Fornitori e dipendenti devono essere pagati proprio per non interrompere il gioco prima che venga concluso. L’unico creditore non pagato è lo Stato per svariati milioni di euro».

Mattia S. Gangi

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