Sono stati necessari quattro anni e mezzo. Eppure, alla fine, si è tornati al punto di partenza, esattamente a quel 8 aprile 2014, data in cui è entrata in vigore la riforma in materia di «città metropolitane, province, unioni e fusioni di Comuni» targata Graziano Delrio. Quattro anni e mezzo passati dietro a lunghissimi dibattiti d’Aula e rimandi in commissione affinché la Sicilia mantenesse la propria autonomia e avesse una propria riforma delle province.
Tre le norme approvate dal governo Crocetta e pubblicate in Gazzetta Ufficiale, quando già non esisteva più l’ombrello della revisione preventiva da parte del Commissario dello Stato, per poi essere irrimediabilmente impugnate – perché costantemente incostituzionali – dal governo guidato da Matteo Renzi. È cronaca dell’altro ieri, ma sembra una vita fa. Nel frattempo, un referendum costituzionale ha sancito chenulla cambiasse, affinché tutto potesse cambiare, parafrasando il capolavoro di Tomasi di Lampedusa, la fine della Seconda Repubblica e il burrascoso inizio della Terza, all’ombra della quale muoveva i suoi primi passi anche un nuovo governo dalle parti di Palazzo d’Orleans.
E poi l’atteso ricorso alla Consulta. E la bocciatura, definita senza mezzi termini da Musumeci «un’offesa all’autonomia dei siciliani». È svanito così uno dei più ambiziosi disegni del governatore, quello a cui aveva puntato per l’intera campagna elettorale: il ritorno all’elezione diretta per il presidente della Provincia e il consiglio provinciale. Così ecco che, in sordina e a testa bassa, l’Assemblea Regionale Sicilia ha recepito questo pomeriggio la riforma Delrio. Con quattro anni e mezzo di ritardo e diversi tentativi di riforma ridotti puntualmente a carta straccia.
Musumeci non demorde. Al contrario, lo scorso settembre il primo inquilino di Palazzo d’Orleans invitava i giovani amministratori locali siciliani a scrivere loro stessi il nuovo volto delle Province siciliane («per amor del cielo – aveva chiosato in quell’occasione – non chiamatele ex Province!»), sotto la supervisione del suo fedelissimo, Gino Ippolo.
Intanto martedì prossimo, quando l’Ars darà il voto definitivo (ma l’articolato è stato ormai totalmente approvato, ad eccezione dell’articolo 1, appunto, che definisce il nome da dare alle ex Province, un punto – almeno quello – su cui Musumeci non molla) anche in Sicilia vigerà, finalmente, la riforma Delrio. Tutto il resto è ancora una sfida. Una delle più grandi che Musumeci vuole affrontare.
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