Regione Sicilia e ambientalisti da un lato per una volta lo stesso -, contadini e allevatori dall’altro. In mezzo, contesa, l’area degli ex pantani di Lentini e Gelsari. Da riportare allo stato paludoso naturale secondo l’assessorato regionale Ambiente e Foreste, per poi inserirla in un futuro – e ancora atteso – piano regionale dei parchi e delle riserve naturali. Una decisione che però ha fatto infuriare gli agricoltori della zona. Che, per la mancata bonifica di questi ultimi anni da parte della Regione, denunciano di aver perso già gran parte dei raccolti e compromesso irrimediabilmente i proprio terreni. La controversia è arrivata fino al tribunale amministrativo regionale che, in attesa di ulteriori approfondimenti dei giudici, ha intanto sospeso il decreto dell’assessorato.
«Oltre duemila ettari di terreni uccisi dallinefficienza dell’amministrazione regionale». Così l’agronomo Corrado Vigo, consulente tecnico degli agricoltori ricorrenti al Tar, definisce l’area di contrada Gelsari-Vaccarizzo, nei Comuni di Catania, Carlentini e Augusta. Circa 200 ettari di agrumeti «con 80mila piante a rischio e in buona parte già morte», 1500 ettari destinati alla coltura dei cereali e 600 al foraggio «impossibili da utilizzare». Un’area in cui lavorano un centinaio di persone e a cui si aggiungono altri circa 130 ettari di abitazioni in contrada Vaccarizzo e contrada Gelsari. In cui «risultano attive ben 15mila utenze Enel scrive Vigo nella relazione allegata al ricorso e che ogni anno viene anch’essa interessata dagli eventi alluvionali». L’acqua, ormai sempre alta, «si è insinuata nelle fogne facendo uscire a galla il suo contenuto racconta l’agronomo E’ un disastro ecologico».
Allagamenti continui che, secondo i ricorrenti, la Regione Sicilia intende autorizzare per riportare la zona allo stato originario: pantani. Com’erano prima degli anni ’30 quando avviene la prima bonifica. Negli anni ’80 però, racconta Vigo anche sul suo blog, il consorzio che si occupa dei pantani di Lentini e Gelsari viene accorpato dalla Regione a quello che oggi è il consorzio di bonifica dieciSiracusa. «Da allora lintera zona non ebbe più pace». Il risultato dell’accorpamento è infatti una gravosa serie di debiti ricaduti su un ente fino a quel momento sano. Che porta con sé il degrado, peggiorato a partire dal 2000. «Hanno rubato tutto ciò che cera nella stazione di pompaggio della zona a Sud del fiume San Leonardo racconta l’agronomo Idrovore, tubazioni in ferro, saracinesche, quadri avviamento, trasformatori, infissi, insomma tutto». Quattro idrovore resistono nella zona Nord, ma tre sono inutilizzate per mancanza di fondi. Iniziano gli allagamenti puntuali della zona, arginati solo in parte dalla Regione all’inizio di quest’anno. «Anni in cui lamministrazione pubblica ha incassato sempre soldi dagli agricoltori» che intanto continuano a coltivare, polemizza Vigo.
Uno stato di cose che dura fino al 23 luglio quando, con un decreto, l’assessorato Territorio e Ambiente appone per due anni un vincolo all’area. In attesa di inserirla nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali. «Diminuita per vari motivi lattività (agricola e di allevamento ndr)», scrivono, è possibile adesso dare corpo a «forme per la difesa, conservazione, valorizzazione e tutela del sottosuolo e delle acque e salvaguardia dell’ambiente designando le aree umide nelle quali dovrà essere garantito un livello minimo delle acque tale da consentire la presenza della fauna stanziale e migratoria». «Hanno autorizzato il consorzio di bonifica a tenere i terreni allagati?», ironizza Vigo. Gli agricoltori ricorrono al Tar che, in attesa di approfondire la questione, dà loro ragione. Il decreto regionale, scrivono i giudici, «non appare poter legittimare alcuna innovazione dell’esistente regime delle acque». Soprattutto se si considera, continua il tribunale, il «pregiudizio degli insediamenti umani abitativi e/o produttivi esistenti».
«Noi ambientalisti siamo d’accordo con la Regione e non ce l’abbiamo di certo con gli agricoltori», risponde Giuseppe Rannisi, coordinatore della sezione catanese della Lega italiana protezione uccelli. Al di là dei costi per lo svuotamento annuo dei terreni dall’acqua costi che per Vigo si dovrebbero sostenere comunque per mantenerne il livello a preoccupare Rannisi è il rischio di speculazione sull’area. «Alcuni terreni sono già stati comprati non per coltivare ma per costruirci sopra diversi impianti e l’ennesimo centro commerciale», spiega. Piuttosto meglio un ritorno al vecchio volto dell’isola, secondo il coordinatore Lipu: «Basta pensare a pantano d’Arci dice Questa parte della Sicilia orientale una volta era un’unica grande zona umida adesso del tutto prosciugata. Un’operazione che ha comportato la scomparsa di diverse specie animali, non solo uccelli. Senza dimenticare la funzione di termoregolazione dei pantani». «Riportare alla natura conclude è sempre la soluzione più semplice».
[Foto di Corrado Vigo]
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