La resa dei conti era nell’aria. Ancora prima che il nome di Giuseppe Milazzo venisse inserito nella lista dei candidati per le Europee, dentro e fuori Forza Italia la sensazione è che nulla sarebbe stato indolore. E così, dopo un pomeriggio di silenzio, nel giro di un’ora scarsa arrivano i primi scossoni: il sindaco di Catania Salvo Pogliese e l’ex parlamentare nazionale acese Basilio Catanoso lasciano il partito di Berlusconi, in aperta polemica con le ultime dinamiche che hanno portato all’esclusione di Giovanni La Via dalla lista azzurra che competerà il mese prossimo nella competizione elettorale che servirà a rinnovare il parlamento di Bruxelles.
Il primo a tirarsi fuori è stato Catanoso, che già il mese scorso aveva mostrato diffidenza verso i movimenti all’interno del partito. Reazioni seguite anche alla chiusura delle porte in chiave candidatura, con l’ex parlamentare che dal canto suo aveva ribadito di avere deciso autonomamente di tirarsi fuori. «Come avevo già capito ad inizio marzo, quando ho comunicato che non vi erano le condizioni per una mia candidatura, oggi ribadisco che quella mia scelta si è rivelata lungimirante – afferma Catanoso in una nota – Fi non è più in grado di esprimere una linea politica chiara, sicura, in linea con il mio, il nostro percorso e coerente con la linea politica che contribuì nel 2008 alla costituzione del Pdl».
Catanoso guarda avanti, verso un futuro dove posto per Forza Italia potrebbe non essercene più: «Mi dispiace per il presidente Berlusconi, che ha rappresentato e continua, a mio giudizio, a rappresentare per l’Italia una certezza», sottolinea il politico ex An. Per poi rilanciare: «Spinto anche da tanti amici che condividono questo pensiero, rimaniamo nell’agone politico – promette -. Una pausa di riflessione, quindi, per contribuire, da destra, alla costruzione di una nuova coalizione di centrodestra: unita, riconoscibile, chiara, che sappia interpretare i desideri e tutelare i diritti e gli interessi degli italiani e della nostra Terra».
A fargli da eco poco dopo è Pogliese. «Lascio ogni incarico da Forza Italia, partito in cui, insieme a tanti amici e amministratori non ci riconosciamo più – annuncia il sindaco di Catania -. Assieme abbiamo assunto il comune impegno di lavorare per poterci finalmente riappropriare dei valori della nostra identità e della cultura della destra politica, che in Forza Italia non hanno più alcuna possibilità di potersi esprimere».
A provare a sedare gli animi era stato tra un comunicato e l’altro l’assessore ai Trasporti Marco Falcone. «Sforziamoci di trovare le ragioni dello stare insieme. Mi rendo conto che in questi ultimi tempi qualcosa non ha funzionato, e serve al partito nuovo slancio, nuovo entusiasmo ed energie capaci di catalizzare professionalità e competenze – afferma l’assessore forzista -. Gli elettori, però, ci chiedono anche prova di comunione d’intenti e di una strategia condivisa che faccia guardare a Forza Italia come elemento collante di un centrodestra plurale e arioso». Parole che però, nel giro di poche decine di minuti, potrebbero fare già riferimento al passato.
In tarda serata, è arrivato anche il commento di Ugo Zagarella, tra i più vicini al commissario forzista Gianfranco Miccichè. Parole più forti e che rilasciano l’immagine delle tensioni che hanno accompagnato gli ultimi giorni in casa Forza Italia. «Salvo Pogliese e Basilio Catanoso lasciano Forza Italia e questo, non posso negarlo, rappresenta una perdita per tutti – si legge in un post su Facebook -. Entrambi, per la loro storia politica, rappresentano un pezzo importante della Forza Italia siciliana e hanno avuto una sola colpa: tradire l’interesse del partito. Avrebbero potuto combattere per costruire un risultato migliore per Forza Italia, invece hanno preferito intestarsi una guerra privata, tutta interna, puntando a screditare l’operato di Gianfranco Miccichè per poi reclamarne il ruolo. Se anche ci fossero riusciti – continua Zagarella – si sarebbero trovati a governare soltanto le macerie di un partito. Mi auguro che, un domani, possano rendersi conto del danno procurato e che possano rinsavire, ritornando infine qui, a casa loro».
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