Una lapa in piazza Stesicoro e arance rosse di Lentini per tutti. La campagna elettorale della lista Tsipras a Catania inizia così. Ponendo l’attenzione su uno dei settori più in difficoltà per l’economia della provincia. «I motivi per cui le arance dei nostri agricoltori rimangono a marcire nei campi vanno cercati in Europa», spiega Antonio Mazzeo, insegnante, giornalista e attivista No Muos, candidato alle elezioni del 25 maggio.
Il tour in Sicilia dell’esperienza nata dall’appello della società civile e che vuole il leader del partito greco di sinistra Syriza, Alexis Tsipras, come presidente della Commissione europea, è appena iniziato e proseguirà nel Ragusano. Sovranità territoriale, autodeterminazione intesa come sviluppo a partire dalle risorse del territorio, conversione ecologia ed energetica, politica partecipata e ristrutturazione del debito. Sono queste le parole d’ordine. Alcune delle quali già proposte dal movimento Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia nell’ultima campagna elettorale per le politiche italiane. «Ma non ci sono analogie con quell’esperienza – precisa Antonella Leto, attivista del Forum siciliano per l’acqua pubblica e candidata proveniente da Palermo -. Allora il patto di vertice tra partiti stoppò il processo partecipativo. Oggi è diverso, i partiti hanno fatto un passo indietro e sono rimasti i movimenti: i No Triv (che si oppone alle trivelle nel mar Mediterraneo ndr), i No Tav, chi si batte per la casa e l’acqua pubblica».
La protezione dei prodotti tipici è una delle battaglie della lista. «Oggi le arance si vendono anche a 8 o 10 centesimi al chilo, un prezzo con cui gli agricoltori non pagano neanche l’acqua per irrigare», spiega Mazzeo. Colpa di accordi sbagliati, secondo l’attivista No Muos. A partire da quello tra Unione Europea e Marocco, siglato a febbraio del 2012, per la liberalizzazione di alcuni prodotti ortofrutticoli ed ittici. «Il problema qui è con le arance, a Vittoria con i pomodori e le zucchine. La verità è che questi accordi sono la moneta con cui ripaghiamo i paesi del Nord Africa per il lavoro sporco che fanno con i migranti al posto nostro». Così le decisioni prese a Strasburgo e Bruxelles, apparentemente lontane, producono effetti sulla vita quotidiana. «L’Europa non è affatto un’altra cosa – continua Mazzeo – Questi accordi producono una serie di effetti a catena dal punto di vista sociale e migratorio: nei paesi del Nord Africa la manodopera locale, tunisina e marocchina, viene sostituita con quella, ancora più a buon mercato, proveniente dall’Africa subsahariana, nuovi schiavi neri. Mentre chi rimane senza lavoro viene da noi. Dove però – conclude – i piccoli proprietari sono spesso costretti a vendere, con una nuova espansione del latifondo».
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