Sette impresentabili su oltre 800 candidati. È tutto sommato positivo il bilancio della relazione, in vista delle elezioni europee, della commissione parlamentare Antimafia nazionale, presieduta da Chiara Colosimo. Sui sette nomi in questione però due sono siciliani. Tecnicamente il trend regionale sarebbe in discesa rispetto al passato anche recente, ma certo non è un dato da ricevere come una buona notizia. I volti noti sono quelli dell’assessore regionale all’Economia Marco Falcone e di Giuseppe Milazzo, che hanno entrambi dei procedimenti giudiziari pendenti e per questo violano il codice di autoregolamentazione delle candidature, un decalogo approvato dalla commissione antimafia per tutte le competizioni elettorali, che in verità non ha quasi mai fermato i partiti. Soprattutto in Sicilia.
Basti pensare che una delle imputazioni per cui entrambi i candidati si stanno difendendo, quella per tentata concussione, risale al dicembre 2020. In mezzo hanno gareggiato uno per le elezioni regionali e l’altro per le amministrative a Palermo, tutti e due già da impresentabili e venendo comunque eletti. Rinvio a giudizio, quello per tentata concussione, che i due politici condividono, visto che si tratta dello stesso procedimento, che risale nei fatti al 2018, quando entrambi militavano tra le fila di Forza Italia – da qualche anno Milazzo è transitato in Fratelli d’Italia – e Falcone era assessore regionale alle Infrastrutture. Secondo l’accusa, proprio l’attuale assessore di Forza Italia, sotto sollecitazione di Milazzo, avrebbe fatto pressioni sull’allora commissario ad acta dell’Iacp, Calogero Belingheri, chiedendo la nomina nella segreteria dell’ente di Giuseppe Piazza, cognato di Milazzo.
Quella che hanno in comune non è tuttavia l’unica ombra sui due candidati. Falcone ha in piedi un altro procedimento, nel luglio 2023 infatti è stato rinviato a giudizio insieme all’ex vicepresidente della regione Gaetano Armao, all’ex deputato regionale Nino D’Asero e altri per induzione indebita a dare e promettere utilità, per un’indagine nata nelle more dell’inchiesta sulla gestione del polo logistico dell’Interporto di Catania, che riguarda una gara da quattro milioni di euro per nove anni per l’affidamento del polo e sulle ingerenze della politica all’interno del sistema che si era venuto a creare.
Milazzo, europarlamentare uscente, invece non ha altri procedimenti in corso, ma è salito – in tutti i sensi – agli onori delle cronache prima per una reazione piuttosto fuori dalle righe, quando è saltato in piedi sul tavolo del presidente del consiglio comunale di Palermo durante una seduta togliendogli in malo modo la parola e più di recente per avere tra i suoi collaboratori di Milazzo a Bruxelles, l’ex assessore comunale ai servizi sociali di Paternò Carmelo Frisenna, condannato nel 2010 a cinque anni di carcere per mafia dopo l’arresto nel 2008 nell’inchiesta denominata Padrini. Chi non figura più nella lista degli impresentabili è invece Giuseppe Lupo del Partito democratico, segnalato dall’Antimafia in occasione delle elezioni amministrative a Palermo nel 2022. L’ex deputato regionale è stato infatti completamente assolto dall’accusa di corruzione.
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