Un sentiero dimenticato, in mezzo ai boschi dell’Etna, che ritrova nuova vita. Fino a diventare una storia da seguire, se si cercano strade per tirare fuori un intero territorio dalla depressione turistica in cui è piombato. Il progetto Stumpjumper, curato dall’associazione Etnabikeland, ha preso vita già qualche mese fa sul versante nord del vulcano, nella pineta di Linguaglossa. Lì dove da circa quattro anni ha preso forma anche la svolta del Clan dei ragazzi. Uno storico rifugio-chalet, a circa 1500 metri di quota, fondato da padre Ugo Aresco di proprietà della Curia catanese. Diciassette anni fa la zona era diventata off limits. L’eruzione del 2002 aveva fratturato la strada Mareneve proprio all’altezza del Clan, a sua volta danneggiato dalle centinaia di scosse sismiche di quelle settimane. Poi la ricostruzione e vari passaggi fino al rilancio dei giorni nostri che si registra proprio mentre altre strutture chiudono i battenti. «Siamo come un autogrill su un’autostrada, la nostra posizione è ideale, ma purtroppo in questo momento tutti i flussi sono dirottati a Etna sud», ragiona a MeridioNews Ugo Esposito, 62 anni, uno dei responsabili della struttura.
Il blocco delle escursioni ai crateri, legato alla battaglia fra i comuni di Linguaglossa e Castiglione di Sicilia, sta privando ormai da anni l’intero versante nord dell’Etna di una delle sue principali attrattive. «I turisti vanno in automatico a Nicolosi, per chi viene da fuori Etna vuol dire Etna sud», ovvero la stazione turistica di Rifugio Sapienza e la sua funivia. Le presenze restano a livelli di sussistenza. Per chi si trova dunque sul lato oscuro della montagna, occorre dunque uno sforzo di inventiva ancora maggiore. «Siamo riusciti ad avere, grazie ai volontari coordinati d Adriano Cristaldi di Etnabikeland, il primo percorso per mountain bike da enduro autorizzato dal parco dell’Etna, attirando da noi sempre più appassionati». Il vecchio passaggio nel bosco Ragabo collega Piano Provenzana alla pista altomontana che si trova più a valle.
«Ci occupiamo della manutenzione e sosteniamo il lavoro prezioso dei volontari. Bastano infatti anche gli aghi di pino a cancellarlo e serve un’attenzione costante», dice Esposito. Il sentiero Stumpjumper è stato «lavorato con interventi a bassa incidenza» e ha richiesto un lungo iter progettuale portato avanti da un gruppo interdisciplinare di professionisti del settore. «Ho lavorato per dieci anni sulle Dolomiti, dove tutto questo è la normalità e c’è un boom di presenza legate a sentieri e cicloturismo», aggiunge Esposito, in passato anche assistente di Angelo D’Arrigo. Sull’Etna c’è ancora tanto da fare: «Questa iniziativa è per noi un primo step, vogliamo lavorare ancora per ampliare la fruizione della nostra montagna». Dove spesso, purtroppo, si muovono flotte di ciclisti e motociclisti in scenari se non di abusivismo, comunque non controllati da autorità o neppure inquadrati in iniziative organizzate. «Il nostro sentiero offre invece garanzie di sicurezza, si può percorrere solo in discesa e c’è tutta la segnaletica necessaria». A tale scopo, l’associazione Etnabikeland sta lavorando a progetto per estendere, nel 2020, la valorizzazione anche ad altri percorsi etnei.
«Migliorare i sentieri in discesa – aggiunge Cristaldi di Etnabikeland – potrebbe essere una grande occasione per lo sviluppo turistico ed economico del territorio. Sulla sostenibilità nella costruzione dei sentieri la nostra associazione fa riferimento all’International Mountain Bicycling Association (Imba) che si occupa di diffondere le buone prassi contro le erosioni del terreno, a favore di un divertimento ciclistico in armonia con la natura». Una goccia, comunque, nel mare della crisi di Piano Provenzana e di Etna nord. Dove la colpa non è tutta dei Comuni. «C’è un problema di conoscenza di quello che il nostro territorio può offrire – conclude il responsabile del Clan dei ragazzi – e poi, ormai, non è rimasto più nessuno. Se non ci muoviamo noi che siamo ancora qui, attivi su Etna nord, altri non lo faranno».
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