Etna, nuovo boom di processionaria sui pini «La maggior parte dei boschi sono infestati»

«Nidifica intorno alle punte dei rami, lì dove nascono i germogli di primavera». Una descrizione che potrebbe apparire poetica ma che in realtà si riferisce a uno degli agenti patogeni che preoccupano di più gli utenti dell’Etna. Con l’alzarsi delle temperature, in vista della primavera, sul vulcano attivo più alto d’Europa torna la processionaria. Il parassita che si nutre delle gemme dei pini e la cui presenza, negli ultimi due anni, si è fatta più visibile. «La situazione è terrificante», denuncia Boris Behncke, vulcanologo dell’Ingv e appassionato escursionista. «È una specie endemica in tutto il bacino del Mediterraneo. Dove ci sono pini c’è la processionaria», spiega Rosa Spampinato, agronoma del Parco dell’Etna che negli anni Novanta si è occupata della battaglia contro il parassita sul vulcano.

«All’epoca noi operavamo in assenza di un ente specialistico – continua Spampinato – Colmavamo un vuoto». In accordo con l’università di Catania e con il corpo forestale. Ora, però, le cose sono cambiate. E se prima a occuparsi della processionaria era il Parco, adesso a studiare e combattere il fenomeno è il servizio regionale di Difesa dei boschi dalle avversità. Che, però, non può organizzare interventi mirati dal 2013. «A causa della mancanza di fondi», afferma Agatino Sidoti, il responsabile dell’ufficio. «Speriamo, a partire da quest’anno, di riuscire ad attingere a finanziamenti europei». Nel frattempo, però, la processionaria resta sui pini dell’Etna. Sui boschi del versante sud-est, fino al Comune di Zafferana etnea, gli alberi di conifere sono infestati nella quasi totalità. «Tutta la zona di Schiena dell’asino è fortemente colpita – conferma Sidoti – E ci sono elevate concentrazioni anche nelle pinete più in alto, dove gli alberi sono stati reimpiantati. Le piante non native vengono intaccate con maggiore facilità».

Un problema di natura igienico-sanitaria «più che botanica – precisa Agatino Sidoti – I bruchi se ingeriti dagli animali possono causare necrosi e morti per soffocamento. Mentre negli esseri umani, se gravemente allergici, se toccati possono portare shock anafilattici estremi». La questione, però, secondo il responsabile regionale non potrà mai essere risolta del tutto. «La processionaria non scomparirà mai, è nel suo habitat naturale». E questo a prescindere da qualunque intervento possa essere messo in atto. Quelli più utili, comunque, arrivano dall’alto. «Per i pini che superano i venti, trenta metri di altezza esiste un processo tramite il quale si lancia dall’alto una sostanza biologica di origine naturale». Si tratta del bacillus thuringiensis, un batterio che ha il potere di immobilizzare le larve e renderle incapaci di proliferare. «Per spargerlo vengono usati degli elicotteri e, ovviamente, si ha una copertura massiccia del territorio». Ma è un’attività costosa «e molto lunga, perché servono tre autorizzazioni: ministero della Salute, dell’Ambiente e dell’Agricoltura».

Più economici, invece, sono il taglio e la bruciatura dei nidi. Se non di tutti, «almeno di quelli che si trovano più vicini ai sentieri naturalistici attraversati dagli escursionisti, nei pressi dei rifugi o delle piste forestali». Attività solo «di contenimento» che, comunque, negli ultimi tre anni sono saltate per via della mancanza di soldi a disposizione. Solo che, complici le temperature più elevate rispetto la media stagionale, «la processionaria è in un periodo di boom proliferativo. Un’esplosione di quelle che ciclicamente capitano. In questo momento, buona parte dei boschi etnei sono colpiti – aggiunge l’esperto – Magari un anno è una cosa che riguarda un ettaro, l’anno dopo riguarda venti ettari». Gli alberi, però, nonostante tutto, non dovrebbero rischiare granché: «I pini vengono indeboliti, ma sono in grado di difendersi – continua Sidoti – Passano delle fasi in cui risultano scheletrizzati, a seguito delle quali tornano vigorosi». I casi di morte degli alberi, che pure ci sono stati, sarebbero da ricondurre «all’attacco di altri insetti dopo il passaggio della processionaria».

«Da escursionista vedo la situazione peggiorare», interviene Carmelo Nicoloso, vicepresidente di Federescursionismo e del comitato Parchi. «L’assenza di un contrasto si nota – commenta Nicoloso – È evidente la necessità di una campagna di limitazione di questo patogeno, ma senza finanziamenti non si può andare molto lontano». Anche perché è solo con la costanza che possono vedersi dei risultati. «Per gli escursionisti che accompagno sull’Etna è un peso che incide in negativo, è inutile dire il contrario – aggiunge – Dai Crateri silvestri in giù il territorio è interessato in maniera massiva». «Noi facciamo quello che possiamo – replica Sidoti – Quando riusciremo ad accedere a finanziamenti di certo le cose cambieranno. Abbiamo in mente anche una campagna informativa. Ci sono pure cittadini che non sanno che la processionaria fa male, quindi faremo il possibile per mettere al corrente tutti i fruitori dell’Etna dei rischi che corrono».

Luisa Santangelo

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