«Hanno detto che ne sanno più di me, che mastico questo mestiere da quarant’anni». Nuccio Fontanarosa, presidente regionale della Federazione italiana sport invernali, trattiene a stento il fastidio nei confronti della Russo Morosoli invest, la società che gestisce le piste sciistiche di Piano Provenzana, a Etna Nord. La neve c’è, ma le piste e i servizi a esse collegati rimangono chiusi. «E così qui abbiamo perso il 60 per cento degli incassi della stagione. Non lo dico io, lo dicono i numeri, eh – continua Fontanarosa – Tutte le stagioni sciistiche invernali dal 27 dicembre all’Epifania muovono più della metà del loro business. Nel resto dell’anno, fanno il 40 per cento. A Etna Nord si è preferito rimanere chiusi».
La crisi monta con velocità. Gli esperti gli sci li hanno indossati, hanno controllato quanta neve ci fosse. «Le condizioni ci sono, mi assumo la responsabilità di quello che dico – aggiunge il presidente di Fisi Sicilia – Ma non posso andare a fare le regole a casa d’altri, visto che quella è casa loro. Hanno detto così». Casa loro, cioè dei privati – gli stessi a Nord e a Sud – che gestiscono la quasi totalità delle infrastrutture turistiche del vulcano patrimonio dell’Unesco. I video, pubblicati su Facebook per attizzare il fuoco di una polemica già rovente, mostrano scene da favola: piste completamente imbiancate in una giornata, quella che ha preceduto l’Epifania, di cielo sereno e mare limpido. Una cartolina, senza sciatori.
«Le piste sono perfettamente innevate», aggiunge Nino Lo Giudice, istruttore di sci di Linguaglossa. «Il problema è che, a detta dei tecnici, quando si passa con il battipista smuovendo la neve emergono le pietre e l’erba. Insomma, la neve c’è. Ma è poca, dicono». E loro, che sono operatori, «non possiamo fare altro che adeguarci: loro hanno le piste, se decidono di non aprire dobbiamo rispettare la scelta. Certo, non si capisce per quale motivo non mettere in funzione almeno il tapis roulant». Cioè una sorta di tappeto scorrevole che, nei tratti pianeggianti, permette agli sciatori di risparmiare tempo e fatica. «Lo usiamo soprattutto nei campi scuola delle scuole di sci – continua Lo Giudice – Ma adesso è spento. Noi stiamo lavorando comunque, come si faceva tanti anni fa: salendo e scendendo a piedi». Affidandosi all’esperienza e alla conoscenza dell’Etna e della sua neve.
«Non è che a noi manca la competenza», sbotta Salvo Di Franco, direttore commerciale della Russo Morosoli invest e braccio destro di Francesco Russo Morosoli (coinvolto con lui nell’inchiesta sul monopolio). «L’ultima ricognizione delle piste è stata fatta il 31 dicembre, in occasione dell’ultima nevicata – racconta a questa testata – Ci sono 15 centimetri di neve pestata, in queste condizioni mai nessuno si azzarderebbe ad aprire. Quaranta centimetri sono solo in fondo, è la neve che si è accumulata in basso e ci è stata spinta dal vento». Se però si battessero le piste palmo a palmo, si vedrebbero «falsi piani e cambiamenti di pendenza in cui la neve proprio non c’è già più». Tanto che non sarebbe possibile, a detta loro, nemmeno passare con la fresa.
Il fondo delle piste dell’Etna non è un prato verde, come altrove al Nord Italia, «sono sassi, pietre laviche, non possiamo mandare la gente a farsi male». Gli impianti, ribadisce più volte Di Franco, sono pronti per partire. L’investimento di manutenzione per la stagione sciistica è già stato fatto e adesso dovrebbe essere messo a frutto. Ma sarà possibile solo grazie all’aiuto «del buon dio», affinché mandi almeno un’altra nevicata. «Anche stavolta, come spesso succede nei nostri confronti, c’è stata una lapidazione pubblica. Ma faremo una nota, mostreremo quello che affermiamo». Nel frattempo, però, le piste restano chiuse. Per «buonsenso», sottolinea il direttore commerciale, che è l’unica cosa che norma l’apertura degli impianti.
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