Dai sospetti si è passati alla ricostruzione di un quadro di numerose presunte irregolarità che avrebbero viziato l’esito finale della prova fisica della scorsa settimana. Si basa su questo l’esposto finito sul tavolo della Procura di Catania riguardo le selezioni per l’accesso all’ultimo corso d’abilitazione per nuove guide vulcanologiche. Lo ha gestito per la seconda volta nell’arco di due anni, dopo l’ok della Regione, l’ente individuato per legge, cioè il Collegio siciliano delle guide presieduto da Biagio Ragonese. Questo è il soggetto che forma e abilita le uniche figure professionali autorizzate a condurre turisti fino ai crateri dell’Etna e dello Stromboli.
Le modalità di organizzazione del test di resistenza fisica in montagna – prima fase delle selezioni cui seguono i quiz che già in passato avevano fatto discutere – avrebbero alterato l’esito della prova, conclusasi con soli 19 ammessi su circa una novantina di partecipanti. Scorrendo l’elenco, sembra proprio che sull’Etna regga ancora la vecchia consuetudine del mestiere di guida che si tramanda di generazione in generazione. Una decina di nomi degli ammessi rispondono a figli o parenti di componenti del Consiglio direttivo del Collegio, occupatosi direttamente delle procedure d’esame, o di altre guide alpine e vulcanologiche già abilitate. Per chi ha firmato l’esposto ci sarebbero gli estremi di una parentopoli sul vulcano diretta conseguenza di una prova – a tutti gli effetti un concorso pubblico costato 250 euro a ciascuno delle 104 persone iscritte – che non si sarebbe svolta in maniera trasparente.
Il teatro del concorso era la pineta Ragabo sul versante nord dell’Etna, in territorio di Linguaglossa. Il percorso, come da regolamento, è stato svelato ai partecipanti poco prima dell’inizio della prova. Per la prima fase era previsto un test d’orientamento nel bosco cui seguivano prove di regolarità in salita e in discesa. Muniti di mappa e bussola e a cellulari requisiti, le aspiranti guide avrebbero dovuto passare da tre checkpoint, le cosiddette lanterne, da trovare entro due ore e mezza orientandosi solo in base alle coordinate geografiche. La conta del tempo non sarebbe però partita dal punto previsto dal bando, mentre i checkpoint che i partecipanti avrebbero dovuto rintracciare non si trovavano nella zona individuabile tramite coordinate. Risultato: non due ore e mezza, ma molto meno tempo a disposizione per trovare la strada attraverso la pineta, peraltro poi con coordinate «falsate».
«La lanterna umana era praticamente nascosta nel bosco, a vari metri di distanza da dove avrebbe dovuto essere», raccontano alcuni testimoni a MeridioNews. Così, c’è chi si sarebbe ritrovato a vagare per la pineta Ragabo, perdendo preziosi minuti. Eppure, secondo le carte al vaglio delle autorità, il cronometro che alla fine ha composto la classifica dei 19 ammessi ha fissato tempi molto rapidi per chi è riuscito a individuare i checkpoint, al contrario della maggioranza degli altri partecipanti, in gran parte comunque non neofiti, ma professionisti dotati di adeguata preparazione atletica. «Sembra quasi che qualcuno potesse andare a colpo sicuro, mentre altri restavano bloccati nel bosco», evidenziano i racconti di alcuni partecipanti. A complicare le cose, ci si è messo anche il maltempo. Sull’area etnea, quel giorno, pendeva un’allerta arancione della Protezione civile regionale. Chi ha iniziato l’esame più tardi, racconta di essersi ritrovato a correre nella nebbia e con temperature in rapido calo. Per qualcuno si è reso necessario un intervento medico, mentre altri si sarebbero persi nel bosco, ritrovati solo nel tardo pomeriggio.
Nel mirino degli esclusi, così, c’è il ruolo che avrebbe giocato il Collegio. Al percorso delle prove e alle mappe ha lavorato una commissione con guide alpine non appartenenti al Collegio regionale, ma coadiuvate, sempre secondo le prove raccolte dai denuncianti, dai vertici dell’ente isolano. Anche per questo l’ombra della parentopoli viene evocata. Per i partecipanti, dunque, non sarebbero state garantite pari condizioni di partenza. L’attenzione sulla professione di guida vulcanologica è molto alta: a causa di un lungo blocco dei corsi di formazione, il numero di professionisti attivo sui vulcani siciliani si era molto ridotto proprio nel periodo di aumento della domanda di turismo escursionistico. Dal 2016 ad oggi, così, sono state oltre duecento le aspiranti guide che si sono presentate alle due selezioni svoltesi. Abbiamo provato, senza successo, a contattare il presidente del Collegio Biagio Ragonese per una replica.
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