«La cenere dellEtna è una risorsa». E non si riferisce ai privati proprietari delle ditte di pulizia e delle discariche – che dal business guadagnano decine di migliaia di euro – Gaetano Monastra, presidente di Confambiente Catania, la federazione delle imprese di trattamento rifiuti della Confcommercio. Parla piuttosto di riciclo del materiale vulcanico nella richiesta di intervento inviata al suo vicepresidente e onorevole all’assemblea regionale siciliana Gianfranco Vullo. L’idea è quella di presentare allArs un ordine del giorno che convinca il governo regionale a eliminare lo status giuridico di rifiuto alla cenere vulcanica, affinché questa diventi uno dei tanti materiali da recuperare e riutilizzare. Una proposta che arriva proprio nei giorni in cui, nei Comuni etnei, si raccolgono ancora i detriti dell’ultima eruzione e ci si chiede che fine faranno.
«La matrice della cenere vulcanica è un eccellente materiale che, sotto forma di inerte lavico, viene normalmente estratto dalle cave e commercializzato in varie forme», spiega Monastra. E che non ha nulla da invidiare ai suoi colleghi, nonostante sia ancora classificato come rifiuto: «Esiste un mercato o una domanda per questa sostanza, rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti, il suo utilizzo non porterà a impatti complessivi», aggiunge. Tutte caratteristiche che, insieme ad altre, soddisfano i criteri previsti dal regolamento End of waste che stabilisce quando un rifiuto cessa di esserlo e può venire riabilitato per il riciclo.
Vullo, dal canto suo, ha subito accolto la proposta. Soprattutto come membro della commissione Ambiente e Territorio dell’Ars. «Ritengo non ci sia neanche un minuto da perdere in quanto la gestione dell’emergenza cenere incide negativamente sui bilanci dei Comuni e della pubblica amministrazione», dice. Per dare un’idea del fenomeno, basti pensare che – solo nel biennio 2011-2012 – le spese nel Catanese dovute alla caduta di cenere sono state di circa ottomila euro a Piedimonte, diecimila euro a SantAlfio e Santa Venerina, quasi 500mila euro a Zafferana, 240mila a Giarre.
Ma, per Vullo, i vantaggi sarebbero molti di più. I soldi risparmiati, spiega, potrebbero diventare un fondo «per risarcire tutti coloro che hanno subito danni dall’evento vulcanico, con particolare attenzione al comparto agricolo». Già in ginocchio dopo un’annata non florida: per le scarse piogge prima, per la grandine poi e per la cenere dell’Etna come ultimo atto.
[Foto di Giuseppe Distefano – Etna Walk]
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