Vento, pioggia e neve. Uno scenario insolito per il mese di maggio. Ma è così che l’Etna ha accolto il meeting mondiale delle guide alpine. Un momento di confronto e studio che coinvolge ogni anno gli esperti della montagna e della sua fruizione, non solo turistica. L’edizione 2016 si è svolta in Sicilia, dove queste figure professionali hanno una particolarità unica al mondo: accompagnare i visitatori su un vulcano attivo, conoscendone e spiegandone la storia e i suoi continui mutamenti. «Anche da noi ci sono dei vulcani in attività, ma non abbiamo nessuna qualifica specifica – spiega Aldo Garrero, 38 anni, che viene dal Perù – In Sud America, se c’è un’eruzione, si chiude tutto. Non esiste un sistema di monitoraggio come sull’Etna che ci consenta di organizzare escursioni apposite. Sono qui per capire come importare questo modello nel mio Paese». «La differenza principale con una montagna come le Alpi è che un vulcano cambia rapidamente», spiega Cesare Cesa Bianchi, presidente delle guide alpine italiane. «E che quando una montagna è in attività si fugge via, perché vuol dire che sta crollando. Mentre, quando l’Etna è in attività, i turisti vengono apposta per vederla», gli fa eco Carmelo Ferlito, vulcanologo e docente dell’università di Catania.
L’appuntamento è alle 8.30 nel piazzale del Rifugio Sapienza, alla casetta delle guide Etna sud. Le condizioni atmosferiche sono di quelle che intimoriscono i meno esperti. Ma la fitta nebbia e la pioggia non fermano le guide alpine che da lì – a 1910 metri – partono per arrivare intorno a quota 2600. Un giro meno lungo di quello previsto, ma l’unico possibile con le forti raffiche di tramontana che hanno accompagnato la mattinata. Gli scarponi affondano un passo nella neve e uno nella cenere vulcanica nel ripido Canalone degli svizzeri. Intorno si sentono parlare lingue diverse. C’è chi viene dalla Slovenia e chi dal Nepal. E poi c’è Paolo Henry, psicologo e guida alpina, piemontese. Con i suoi 78 anni è il più anziano della comitiva di quasi cento esperti. «È la seconda volta che non posso salire in cima a causa del tempo – racconta – Siamo abituati alla neve e al vento ma, sarà che non ho più vent’anni, in certi tratti è stato pesante». «Però è bello, per una volta, non fare il meeting al chiuso – gli fa eco un collega svizzero – L’aria rinfresca anche le idee».
«Sono tutte guide alpine abituate a muoversi in contesti molto più impegnativi del nostro, ma magari non hanno familiarità con il contesto vulcanico», spiega Giuseppe Amendolia, guida vulcanologica di Catania. «L’Etna, nella storia, ha avuto più visite degli altri vulcani, sin dal periodo classico – continua Ferlito – Questo ha permesso di sviluppare una categoria di guide specializzate più di ogni altra parte del mondo». «Un’occasione di lavoro per i giovani – conclude il presidente Cesare Cesa Bianchi – ma che comporta anche delle responsabilità importanti, tanto più su un vulcano». La giornata catanese delle guide alpine si chiude con una lezione del docente di Unict sulle particolarità dei vulcani dal punto di vista della fruizione. Eppure a chiudere la partita è il piemontese Henry: «La vera differenza tra le Alpi e l’Etna? Il calore della gente, forse anche troppo per noi orsi montanari, e la cucina siciliana».
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