Pochi giorni e la procedura di ricerca di operatori interessati al project financing sistema Etna-Alcantara partirà ufficialmente. Vedrà così la luce il piano che punta a rilanciare il turismo sul versante nord dell’Etna, uscendo dalla lunga querelle sul business della gestione dell’escursionismo ad alta quota. E cambia di colpo il campo di gioco del tira e molla lungo cinque anni sulla formula dell’appalto che avrebbe dovuto affidare la strada che conduce ai crateri del vulcano, divisa a metà fra Linguaglossa e Castiglione, a uno o più privati. Dopo i vari lustri di gestione targata Star srl – società del gruppo Russo Morosoli, cui fa capo anche Funivia dell’Etna – e gli affidamenti provvisori delle ultime estati, quest’anno i mezzi 4×4 da decine di posti utilizzati per condurre i turisti in quota non hanno neanche acceso i motori.
I due Comuni, infatti, non sono riusciti a far ripartire le escursioni né con il vecchio regime concessorio a una sola azienda, contestato dall’Autorità Antitrust nel noto parere del 2016, né a lanciare il regime autorizzatorio – più vettori di trasporto autorizzati a usare la pista per le gite a 3000 metri – che lo stesso Garante aveva indicato come soluzione al problema delle distorsioni della concorrenza. Che avrebbero la colpa di comprimere il mercato dell’accesso alla montagna patrimonio Unesco con vari effetti, fra cui il caro prezzi dei ticket per le visite ai crateri. Nel frattempo la crisi della stazione turistica di Piano Provenzana, a Linguaglossa, non fatto altro che aggravarsi anche per gli effetti della fallimentare ricostruzione post-eruzione del 2002.
Per uscire dal guado, allora, i due nuovi sindaci Salvo Puglisi e Antonio Camarda – mai del tutto convinti né dal regime autorizzatorio, né dal ritorno al passato delle concessioni a una sola azienda – hanno lavorato negli ultimi mesi al lancio di un partenariato pubblico-privato la cui sostanza può così riassumersi: chi si prenderà la strada per i crateri lo farà per un lungo periodo, ma dovrà restituire investimenti che abbiano forte impatto sull’intero versante nord dell’Etna, soprattutto sul campo infrastrutturale. Si spera, insomma, nell’apporto di capitali privati per dar forma al sistema Etna-Alcantara, attraverso lo strumento della finanza di progetto.
Il sogno apertamente accarezzato dalle amministrazioni è che gli investimenti si concretizzino in nuovi collegamenti basati sul trasporto a fune: tra le ipotesi ci sono una cabinovia che da Piano Provenzana porti ai piedi dell’Osservatorio vulcanologico di Etna nord, a quota 2900, e un’analoga infrastruttura che colleghi il borgo medievale di Castiglione alle visitatissime gole del fiume Alcantara. Perplessità qualcuno ne ha già avanzate – servono imprenditori con milioni di euro pronti all’uso – ma fra assessori e sindaci dei due Comuni al momento c’è molta fiducia per una buona risposta che potrebbe arrivare per questa inedita sollecitazione del mercato.
Dall’intesa fra le due amministrazioni, intanto, sono rimasti fuori i vicini Comuni di Maletto, Randazzo e Bronte. Enti anch’essi competenti per alcune porzioni di territorio dell’area sommitale dell’Etna attraversate dalla pista d’alta quota, ma non direttamente proprietari come nel caso di Linguaglossa e Castiglione. Lungo questo crinale si è consumato uno strappo che ha limitato l’accordo alla firma di un generico protocollo – aperto anche a Piedimonte e Fiumefreddo – su scontistica per residenti e visibilità turistica a Piano Provenzana. Per l’ingresso al tavolo del business delle escursioni, invece, niente da fare. Anche perché i territori altomontani di Randazzo, Maletto e Bronte risultano infatti di proprietà dell’ex Azienda foreste demaniali che, a sua volta, di recente li ha affidati in concessione proprio alla società Funivia dell’Etna. La questione, per il sindaco di Maletto Salvatore Barbagiovanni, non sarebbe comunque chiusa e la firma sul protocollo a sette Comuni non dovrebbe impedire la riapertura del confronto sul progetto di finanza.
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