Di anniversario in anniversario. La lunghissima e travagliata vicenda per il salvataggio del casolare in cui venne trovato il corpo di Peppino Impastato, attivista politico che alla lotta alla mafia dedicò la sua vita, si dirige a piccoli passi verso una conclusione. Più o meno un anno fa, il 13 dicembre, c’era stata la firma sul protocollo d’intesa tra Regione Siciliana, Città metropolitana di Palermo e Comune di Cinisi per il recupero e la valorizzazione del luogo diventato punto di riferimento per le tante persone che vengono ogni anno a Cinisi per rendere omaggio alla memoria di Impastato. Ieri, a un anno di distanza, nel giorno dell’anniversario della morte di Felicia Bortolotta Impastato, mamma di Peppino, è arrivato – finalmente – l’esproprio.
«La forza e la tenacia con cui Felicia Bartolotta Impastato ha testimoniato, fra le prime donne in Sicilia, il suo ‘no’ alla mafia è stata una scelta che rimane da esempio e che va sempre ricordata – si legge in una nota della stessa Regione a firma del presidente Nello Musumeci – L’anniversario della sua scomparsa assume quest’anno un significato particolare: il casolare dove è stato rinvenuto il corpo straziato del figlio Peppino è ormai patrimonio della Regione Siciliana, che lo ha voluto sottrarre alla completa distruzione. Il 15 dicembre avrà luogo la nostra formale presa in possesso del fabbricato».
«È stata una procedura di esproprio lunga e complicata», dice ancora Musumeci. Parole che suonano come un eufemismo: ci sono voluti 42 anni, gli ultimi dei quali quanto meno travagliati. Per primo era stato Rosario Crocetta a tentare l’affondo, il casolare era stato dichiarato «bene di interesse storico culturale» ma la situazione è rimasta per anni impantanata, con una gestione da parte della proprietà con poche luci e qualche ombra di troppo, inclusa la concessione in comodato d’uso gratuito a due associazioni non proprio trasparenti o comunque poco attive sul fronte della memoria e dell’antimafia. E la concessione al pubblico solo per quelle poche ore, pochissimi giorni all’anno.
Rischiava, il casolare, che langue a corto di manutenzione. Poi, nel settembre dello scorso anno, una prima presa di posizione da parte della Regione, con la richiesta di esproprio per una somma attorno ai 106mila euro, ma anche in quel caso era venuta fuori un po’ di confusione con i finanziamenti. Era comunque solo il preludio della conclusione e della firma nero su bianco sul decreto di esproprio, arrivata a dicembre del 2020 e diventata effettiva con la pubblicazione del decreto il 20 gennaio del 2020. «Alla fine siamo riusciti a non cancellarne il valore simbolico che rappresenta nella lotta allo strapotere mafioso – conclude Musumeci – Sulla destinazione, saranno il Comune di Cinisi e la Città Metropolitana di Palermo a decidere».
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