EsoDoc: verso una società plurale di narratori consapevoli

È nata e sta crescendo di giorno in giorno la voglia di provocare cambiamenti sociali (o almeno micro-trasformazioni) anche attraverso l’uso dei linguaggi creativi. Un esempio? Il video “partecipativo” che valica frontiere date per insuperabili, con l’intento – oltre a quello dei ricavi economici, naturalmente – di  creare comunicazione inaspettata, e di chiedere a noi stessi, e più in generale alla platea globale di spettatori passivi, di diventare una “società plurale di narratori consapevoli”. Di che parlare e di che mostrare hanno in questi giorni i partecipanti di EsoDoc 2008, grazie al metodo del laboratorio aperto e orizzontale tra esperti del settore (editori, direttori, produttori) e giovani film-maker professionisti: producendo esperimenti collettivi di cinema del reale con lo spirito di raccontare storie che altrimenti resterebbero taciute e con lo spirito di creare ponti di comunicazione tra nazioni.

Per i componenti dell’European Social Documentary è la volta di vedere e analizzare: interessanti proiezioni di un progetto, come “Why Democracy” di Don Edkins, che si prefigge, attraverso i video, di riuscire a far conversare online su questo tema migliaia di persone; la denuncia lanciata – dal network “Babelgum – che ha commissionato uno short documentary (“Toxic Alberta -The Oil Sands”, in nomination all’Oscar) su un argomento molto scottante: in Canada le grandi compagnie stanno estraendo il petrolio contenuto nella sabbia, attraverso un meccanismo che compie una contaminazione del territorio, causando così un grave impatto sia ambientale e ricadute deleterie sulla salute delle popolazioni locali.

Ultimato un prodotto di natura sociale, sorgono spontanee alcune domande. Quale distribuzione è più veloce, più ad ampio raggio e più conveniente della canalizzazione via web? Abbiamo rilevato vari pareri: alcuni favorevoli, altri ponderati nel sollevare dubbi del tipo: Ci sarà davvero spazio per tutti in una web Tv? O si rimarrà schiacciati da un sistema troppo di massa e caotico? Ma poi si riuscirà a guadagnare? E quali i pericoli a cui si potrebbe andare incontro? Anche di questo si è parlato durante la prima giornata, della terza sessione di workshop, tenutasi all’hotel Emmaus, immersi in una suggestiva pendice zafferanense.

Il primo seminario, dunque, tutto in inglese, ha aperto le porte alla presentazione di un nuovo global Internet network (apparso online nella versione beta il 7 marzo 2007, gestito da “Babel Networks”, società fondata nel 2005 da Silvio Scaglia, ideatore ed ex-azionista di maggioranza di Fastweb). “Babelgum” – questo il nome della web Tv – ha alla base un interessante progetto, attingendo ad un forte contributo imprenditoriale italiano, di cui è portavoce il capo editore Claudio Scotto Di Carlo: esperto di comunicazione televisiva, branding, project manager per la promozione di canali commerciali (Pay Tv, eccetera), esperto di problem solving e di cross promotion di canali come Tele +, Tele +1…

Obiettivo di Babelgum è quello di organizzare e rendere appetibile da un punto di vista pubblicitario il caos (esempio: Youtube) dei contenuti apparsi sul web. Infatti usa una tecnologia che permette agli utenti di vedere video in streaming e non in downloading. Ha un’interfaccia chiara, programmazione on demand, “l’unica pecca per ora è rappresentata dall’avere pochi canali”. Il modello di business di Babelgum si basa sull’advertising, mirato al profilo dell’utente (registrato in precedenza). E i numeri di frequenza online risultano essere in aumento.

Nucleo centrale del seminario, perciò, è stato spiegare come la piattaforma di Babelgum – ma ce ne sono tante altre – sia una reale alternativa per giovani registi e produttori di gestire i loro contenuti indipendenti in modo da avere un riscontro di audience molto più vasto di quello che può fornire il territorio. Cosa dà in concreto questa iniziativa  ad un documentarista? “Gli fa capire le potenzialità del suo prodotto, se, brutalmente, questo vale o no” risponde Di Carlo.

C’è tra i film- maker di EsoDoc chi domanda quale sia la possibilità di un incontro positivo con Babelgum e di un guadagno reale, come Sara: “Mi chiedo perché voler investire su questa web Tv senza che per adesso sia sostenibile? E da dove dovrebbero entrare i soldi per loro e per noi?”. Abbiamo girato le domande a Di Carlo: “Da gennaio 2009 potrò dare informazioni più dettagliate sul sistema, intanto posso solo dire che più la gente cliccherà sulla nostra piattaforma e più noi e gli autori dei film guadagneremo”.

Quattro fino ad ora le aree di interesse o come le chiama questa web Tv le “passioni”: natura e conservazione, Film Festival, musica indipendente, sport e viaggi. In ognuna tutti possono introdurre film che trattano quella specifica tematica e il network poi inserirà la pubblicità ad hoc. Heidi Gronauer (direttrice della scuola “Zelig”) durante il dibattito fa le pulci alla nuova creatura: “Si rischia che non vengano proposti film di qualità riguardante quella determinata ‘passione’, ma che vengano inseriti tanti film strumenti del qualunquismo. Se venisse inserita una commissione per ogni area penso si raggiungerebbe un risultato migliore”.

Il bello del workshop è l’ efficace e articolato scambio che si crea tra i partecipanti: così a Gronauer che incalza “ci sono tantissime web tv, ma il film maker che sceglie la tua piattaforma per inserire i suoi film che introiti e vantaggi, a parte la visibilità, ne ottiene?”, Di Carlo risponde “il meccanismo che ho descritto di entrate pubblicitarie, a portata di click, che ricadono sugli autori dei film in futuro avverrà”. E poi di nuovo la Gronauer chiede in duplice battuta “Quanto bisogna ancora attendere?” E Di Carlo ribatte “Ci vorrà del tempo prima che la piattaforma ci dia dei veri riscontri. Per ora c’è solo la community del Film Festival on-line, dove ognuno può inserire il proprio film, e in base ai contatti che riceverà vincere un premio, ma noi facciamo comunque una cernita: devono essere video in inglese e di alta qualità”. La Gronauer è colta da un barlume di perplessità perché nonostante sia una validissima idea, questa del Film Festival, e nonostante chiamare in causa l’opinione della massa abbia un sapore da sistema democratico, può anche darsi che tutto ciò preluda ad una svendita della qualità: “Un festival senza giuria è un azzardo. Chi ha tanti ‘amici’ in tutto il mondo riceverà più voti. I film, invece, andrebbero selezionati prima tra le candidature e dopo per il premio, da una commissione giudicatrice riconosciuta competente a svolgere questo ruolo, affinché il successo e la vittoria siano tendenti ad un sinonimo di qualità”. “Il pericolo a cui potrebbero andare incontro alcuni è di vedersi ‘bruciato’ il film. E’ un campo fin troppo delicato quello che si sta percorrendo che occorre muoversi con la massima cautela” aggiungono, quasi in coro, dei film-makers francesi e inglesi.

Stefania Oliveri

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