Esami, dura lex sed lex

Una mezza rivoluzione negli appelli di Giurisprudenza. Un cambiamento che entrerà in vigore dal prossimo anno accademico che rende tutto un po’ più complicato per i ripetenti, i fuori corso e gli studenti lavoratori; che fa discutere gli aspiranti giuristi e che sembra chiudere qualche porta soprattutto agli studenti disabili e a quelli con figli a carico. L’ha deciso nello scorso dicembre il consiglio di Facoltà; e la Facoltà adesso sta facendo i conti con le reazioni degli studenti, divisi tra il favore dei più moderati e le critiche dei più delusi. Tra questi gli studenti di Alleanza Universitaria, che nelle scorse settimane hanno messo in circolazione un volantino intitolato “Al peggio non c’è mai fine!”.

A motivare la scelta della Facoltà è stato – ha spiegato in Consiglio di Facoltà il preside, prof. Vincenzo Di Cataldo – il bisogno di un rilancio della didattica “che si imporrebbe anche per il rendimento fortemente negativo dei laureati catanesi nelle prove post-laurea (Avvocatura, Magistratura) degli ultimi anni”. Come ci ha spiegato lo stesso preside, infatti, “soltanto una percentuale compresa tra il 30% ed il 40% dei partecipanti supera gli scritti ed accede agli orali. Una percentuale certamente bassissima“.

Ma vediamo, in concreto, in cosa consistono i cambiamenti. Rimangono 3 le sessioni di esami previste per i futuri giuristi, ma con la riduzione degli appelli speciali (da 6 a 2) e l’aumento degli appelli ordinari (da 7 a 8): 3 appelli ordinari nella sessione invernale (tra gennaio e marzo); 3 appelli ordinari nella sessione estiva (tra maggio e luglio); 2 appelli ordinari nella sessione autunnale (tra settembre e ottobre). Due appelli, invece, saranno riservati agli studenti ripetenti (coloro che non conseguano i crediti necessari per il passaggio all’anno successivo), ai fuori corso (coloro che non superino gli esami previsti per l’intero corso di studi entro la durata del corso medesimo) e ai lavoratori a tempo parziale; ma non vi saranno più ammessi i disabili e gli studenti con carichi familiari (madri e padri con bambini fino agli 8 anni).

A partire dal prossimo anno accademico, gli studenti lavoratori potranno accedere agli appelli straordinari solo inserendosi nella categoria “speciale” dei lavoratori a tempo parziale. Ciò consentirà loro di ottenere anche una riduzione delle tasse universitarie, ma essi potranno sostenere una quantità di esami annualmente limitata, corrispondente all’ammontare massimo di 40 crediti annui. “Il rischio è che ad uno studente lavoratore sin dal primo anno universitario occorrano almeno 7 anni e mezzo per laurearsi“, ci spiega Giovanni Pappalardo, rappresentante di Facoltà degli studenti. Secondo la Facoltà, invece, ciò costituirà un disincentivo alle certificazioni fittizie rilasciate da datori di lavoro, spesso amici di famiglia, e consentirà di ridurre il numero dei fuori corso, agevolando una valutazione ministeriale più positiva e, di conseguenza, maggiori risorse per gli studenti.

Alcuni rappresentanti temono, inoltre, che lo studente lavoratore che eserciti tale opzione rimanga “intrappolato” all’interno della categoria del lavoratore a tempo parziale, essendo tale scelta irrevocabile, anche in caso di licenziamento o dimissioni. Sul punto, il Preside ha dichiarato il suo impegno a richiedere una modifica del Regolamento Didattico di Ateneo o, eventualmente, a riammettere gli studenti lavoratori agli appelli riservati.

Alla proposta di riforma, i rappresentanti degli studenti hanno risposto con una controproposta. La richiesta era quella di non riformulare le categorie ammesse agli appelli straordinari e della fissazione di un ulteriore appello ordinario. Ma la proposta è stata messa in minoranza dai voti dei docenti. Nonostante l’unanime presa di posizione, le valutazioni personali dei rappresentanti rivelano pareri anche dissonanti. “Le nostre posizioni sono uguali, le nostre opinioni diverse“, ammette Andrea Calanni. “Siamo un gruppo unito, ma, col senno di poi, penso che non sia cambiato molto. Se per incentivare la didattica servono nuove modifiche, che ben vengano. Alla fine agli studenti fuoricorso non hanno tolto molto, mentre è stato introdotto un ulteriore appello ordinario. Questo è un modo per premiare gli studenti in corso. Ho visto un forte impegno da parte sia del preside, che dei docenti. Sono fiducioso“.

Dal medesimo fronte controbatte, però, Giovanni Pappalardo: “Si tratta di una riforma grave ed eccessiva, che non agevola affatto gli studenti, soprattutto i lavoratori. Ci rammarichiamo soprattutto per la mancata apertura al dialogo da parte dei docenti; la nostra controproposta non è stata presa minimamente in considerazione. A farne le spese saranno proprio le categorie più svantaggiate: i lavoratori, gli studenti con carichi di famiglia e i disabili, «cancellati» con un colpo di spugna“. “Le fasce più deboli – aggiunge Ugo Bellavia, anche lui rappresentante – andrebbero tutelate, disabili compresi. Anche se nei confronti di questi ultimi è stata espressa la massima disponibilità dei docenti a prescindere dal regolamento, avremmo preferito che ci fossero delle regole scritte e vincolanti“.

Antonia Maria Arrabito

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