A distanza di ormai 70 anni da quel 2 marzo 1948 le Madonie ricordano ancora la figura di Epifanio Li Puma. Mezzadro di idee antifasciste, alla fine della seconda guerra mondiale fu promotore del movimento dei contadini per la riforma agraria come organizzatore sindacale della Cgil. Un politico – era esponente del partito socialista italiano – che non ci mise molto a farsi notare per le proprie idee e il proprio impegno, conquistando non poche antipatie.
Non si stancò mai di spendersi per i diritti dei lavoratori e dei braccianti senza terra, scontrandosi spesso con quegli agrari che invece agivano oltre i limite della legalità. Ad assassinarlo sono proprio i killer della mafia del feudo, ingaggiati forse dai baroni. E malgrado circolassero parecchie voci sull’identità degli assassini, il suo omicidio rimane ad oggi senza colpevoli ufficiali. Nessun nome, nessun volto, nessuna condanna. Anzi, la sua morte viene seguita a pochissimo tempo di distanza da quella di altri due personaggi importanti: Placido Rizzotto, ammazzato dalla mafia il 10 marzo a Corleone e Calogero Cangelosi il primo aprile dello stesso anno a Camporeale.
Schierata in prima fila nel giorno della commemorazione del politico ucciso dalla mafia la Cgil Palermo e i suoi esponenti, con la partecipazione dei comuni di Petralia Soprana, Petralia Sottana, Castellana Sicula e Ganci e con l’adesione anche dell’Anpi, del Centro Pio La Torre e di Libera. Un appuntamento a cui ha preso parte anche l’ex magistrato Leonardo Agueci, che ha ricordato l’escalation di violenza e la conseguente paura generate in quel terribile ’48 che mise in ginocchio il movimento contadino, e non solo.
«Il territorio madonita non vuole essere dimenticato proprio perché in questi comuni sono nati personaggi che hanno contribuito a scrivere la storia d’ Italia – è il commento di Enzo Campo, segretario generale della Cgil Palermo -. Oggi è un’occasione per onorare la memoria di Li Puma e riaffermare la volontà della Cgil di considerarlo, insieme agli altri caduti, tra i figli migliori della Sicilia, ribadendo il nostro impegno per costruire lavoro e sviluppo nella legalità».
Tra i presenti anche Dino Paternostro, che ha sottolineato l’inequivocabilità del messaggio lanciato da personaggi come Li Puma e le altre vittime della mafia agraria. «Con questo omicidio vollero non solo privare il movimento contadino di un dirigente prestigioso ma lanciare un messaggio politico a tutti i siciliani alla vigilia delle elezioni politiche del 18 aprile 1948, attraverso un crescendo di delitti – ha detto -. Chi si schierava col movimento contadino e con la sinistra veniva ucciso, in pratica».
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