I soldi in cassa ci sono, ma gli enti che operano in agricoltura riconducibili all’Amministrazione regionale non possono essere pagati per non sforare il Patto di stabilità. E poiché, alla fine, si tratta per lo più di personale da pagare, migliaia di persone dovrebbero restare senza stipendi per tenere in ordine – questa è la formula intelligente – i conti dell’Italia secondo quanto stabilito dall’Unione europea. L’altra notizia è che le Province siciliane – che ci sono ancora – nel 2015 sono destinate a fallire grazie ai Trasferimenti negativi (leggere prelievi) del Governo nazionale di Matteo Renzi.
Questi gli argomenti dibattuti ieri, nel corso dei lavori della Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars. Nel primo caso si tratta del solito, kafkiano Patto di stabilità: i soldi ci sono, ma non si debbono spendere. Ed è inutile prendersela con i dirigenti dell’assessorato regionale all’Agricoltura. Ieri, la dirigente generale, Rosa Barresi, ha detto a chiare lettere che in cassa ci sono da 41 a 43 milioni di euro. Ma lei non può erogare queste somme, perché ne risponderebbe direttamente.
Così i Consorzi di Bonifica, l’Esa, l’Istituto Zootecnico, Istituto della Vite e dell’olio e altre realtà del mondo agricolo legate alla Regione rimangono all’asciutto. Insomma, migliaia di dipendenti della Sicilia senza soldi a Natale, tanto per sostenere la domanda al consumo e dare un po’ di ossigeno ai commercianti e, in generale, alle imprese… La solita mossa intelligente e, soprattutto, keynesiana del solito Governo Renzi e della solita Unione europea oggi governata dai Popolari della Angela Merkel e dai Socialisti di Martin Schulz, che non sembra molto diversa dall’Europa di Barroso.
Ma, ironia a parte, resta da capire come sbloccare queste somme. Argomento del quale dovrebbe occuparsi il Governo regionale, con il testa il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei. Quest’ultimo ha la prima, grande opportunità di dimostrare, con i fatti, quanto ha affermato circa una settimana fa, sempre in Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars: e cioè che lui non è in Sicilia per svolgere il ruolo di commissario del Bilancio regionale per conto del Governo Renzi, ma è nella nostra Isola per ricoprire al meglio il ruolo di assessore all’Economia.
L’altra questione affrontata ieri in Commissione Bilancio e Finanze riguarda le nove Province regionali della Sicilia oggi commissariate, ma ancora vive e vegete. I commissari ad acta, conti alla mano, hanno spiegato che se il Governo nazionale di Renzi tratterrà una parte dei fondi dai bilanci delle Province, questi enti andranno in tilt. Le nove Province medio-piccole – Caltanissetta, Enna, Agrigento, Ragusa, Siracusa e Trapani – se subiranno questo il prelievo dello Stato falliranno senza pietà. Mentre Palermo, Catania e Messina o fallirebbero, o potrebbero tentare di restare in piedi a patto di non pagare il personale.
Per la cronaca, quando parliamo di prelievi da parte dello Stato – cioè del solito Governo Renzi – ci riferiamo ai soldi che Roma scippa alle Regioni, ai Comuni e adesso anche alle Province per tenere i conti a posto, secondo i dettami dell’Unione europea. Alla Regione, negli ultimi due anni, con i cosiddetti accantonamenti negativi che il Governo nazionale trattiene direttamente – per lo più dall’Iva e dall’Irpef pagate dai siciliani – lo Stato ha scippato 2,3 miliardi di euro, contribuendo in modo rilevante a creare nel Bilancio regionale un buco di 3 miliardi di euro.
Sempre grazie ai prelievi di Roma – che si sostanziano in una drastica riduzione dei trasferimenti della Stato – i Comuni siciliani sono quasi tutti in bolletta. Sulle nove Province il Governo Renzi ha già la tavola apparecchiata: punta a trattenere i soldi dalla Rc auto (gli scippi, nel caso delle Province, come già ricordato, si chiamano Trasferimenti negativi, mentre gli scippi alla Regione sono stati battezzati Accantonamenti).
Concludendo, se Roma inghiottirà i soldi delle Province siciliane, queste ultime falliranno.
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