Un altarino ottocentesco in via Gisira, in piena pescheria a Catania, dopo oltre 40 anni di abbandono è stato benedetto ieri mattina dal parroco della Cattedrale di Catania Barbaro Scionti. All’interno c’è un dipinto a olio su tela che raffigura la Madonna con il bambino Gesù. Si chiama Mater amabilis e come in molte rappresentazioni è presente anche una pecorella, accarezzata dalle mani del bambino. Sullo sfondo del quadro l’Etna, ma anche la porta della Decima, l’antico ingresso della città attraverso le mura di Carlo V dalla piana di Catania, dove i contadini portavano i frutti del proprio lavoro nei campi, pagando appunto la decima parte del raccolto. Il dipinto però, a differenza dell’altarino, «è stato completato solo tre anni fa, e solo per una serie di coincidenze è arrivato qui, dove tutti lo possono ammirare. Non poteva esserci luogo migliore».
A raccontarne la storia è l’autrice, Emilia Coco, catanese di 63 anni, artista iconografa: «Per tutta la vita ho fatto la grafica pubblicitaria. Poi nel 2004 mi sono avvicinata all’iconografia. E si può dire che da allora questo è il mio lavoro». Coco ha realizzato proprio nel 2004 la prima icona, Santa Teresa del Gesù bambino, «dopo averla sognata, sembra una cosa un po’ folle ma è andata proprio così». Da allora si è sempre più avvicinata al linguaggio espressivo dell’iconografia, e negli anni ha «girato l’Italia: ho avuto fortuna perché ho lavorato per illustrare libri di istituzioni pubbliche, religiose, persino per una grande compagnia di assicurazioni». Il dipinto Mater amabilis, che si trova ora in via Gisira «mi era stato commissionato per la chiesa di San Giuseppe al Transito, che si trova a poca distanza nell’omonima via, costruita appunto tra la porta della Decima e le mura di Carlo V, elementi storici della zona che sono richiamati nel dipinto».
Il quadro riprende nell’impostazione – Madonna con bambino e pecorella – uno presente nel convento delle Orsoline di San Giovanni La Punta, la cui storia è legata alla venerabile Lucia Mangano, che era originaria di Trecastagni e di quell’istituto religioso fu sostituta superiore fino alla morte. «Lucia Mangano è famosa a Catania per l’omonimo istituto femminile a lei dedicato. Si dice che promise davanti a quel quadro di diffondere il culto mariano nel mondo». E in via Gisira, nel centro cittadino «sempre pieno di turisti da tutto il mondo, probabilmente Lucia Mangano sarebbe stata felice di vedere il ritratto a lei caro, invece che chiuso in casa di qualcuno, come sembrava dovesse essere».
Un luogo di preghiera dimenticato per 40 anni, come il palazzo ottocentesco che lo ospita, appartenente alle famiglia Arcidiacono-Ferrante, che di recente ha deciso di restaurarlo, altarino compreso. «Con i signori Ferrante ci siamo incontrati per caso qualche mese fa proprio a Trecastagni: io esponevo il quadro per venderlo, dato che dopo una serie di trattative a vuoto la chiesa di San Giuseppe al Transito non l’ha più voluto. Loro dovevano invece riempire l’altarino, che molti anni fa veniva utilizzato per celebrare la novena di Natale. Ci siamo messi d’accordo subito».
Il dipinto per Coco è stato «fonte di una crisi spirituale: nel 2013, per poterlo finire come si deve, ho anche deciso di seguire un corso per approfondire la tecnica a olio per l’arte sacra, in una scuola specializzata a Firenze: ho portato il quadro con me per farmi consigliare dagli insegnanti. L’incontro con la famiglia Ferrante probabilmente stava scritto nel destino. Sono molto religiosa, e credo che ci sia sempre la mano di Dio in questi eventi», conclude l’artista.
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