«In trasmissioni come Il Sabato Italiano sembra davvero di lavorare. Voglio dire: ci chiedono di applaudire ogni 30 secondi, ci chiedono di ballare e fare la ola, di fingere interesse. È pesante. Ci sono volte in cui torno a casa con le mani spellate, come se avessi zappato la terra». Dura la vita di un figurante in tv. Specie se, come avviene per il siciliano Mario Morreale, lo fai senza passione, senza convinzione, solo per arrotondare un magro stipendio da call center. Che, perlomeno a Roma, serve giusto per sopravvivere.
Quando Mario Morreale lascia Gela, la sua città natia, per la Capitale il futuro gli sembra una possibilità concreta. Ha una laurea in Comunicazione in tasca, una passione smodata per il cinema e la letteratura, caparbietà a tonnellate. Sta andando a vivere in quella che è pur sempre la città del cinema. Ma a Cinecittà avrà modo di visitare solamente gli studi televisivi. Ogni tanto gli viene in mente uno dei suoi registi preferiti, Mario Monicelli, che poco prima di suicidarsi rilasciò un’intervista senza possibilità di appello, in cui teorizzava che «la speranza è una trappola».
Da un anno fa il figurante negli studi televisivi Rai, «le fatture mi arrivano col logo della farfalla, i vicini mi guardano ammirati e credono che io abbia chissà quale mansione nella tv pubblica». Ha partecipato a tanti programmi: da Il Sabato Italiano, appunto, a Petrolio e Carta Bianca fino a Nemo. Dice che dalla produzione lo preferiscono proprio per le trasmissioni sociopolitiche, perché «quando mi inquadrano sono uno dei pochi che ha una faccia davvero interessata, capisce quello di cui discute e conosce gli ospiti in studio».
Per ogni presenza incassa dai 23 ai 35 euro. Ma non può accumularne più di una al giorno. Non è un lavoro a tempo pieno insomma, anche se ci si prova. «C’è chi riesce a garantirsi almeno una trasmissione al giorno, e così alla fine del mese arriva a 400/500 euro – spiega -. Ma sono in pochi. La maggioranza dei figuranti è composta da studenti universitari, e poi ci sono i miei preferiti, gli anziani. Loro ci credono davvero, verrebbero a stare in tv anche gratis o persino pagando, cercano di attirare le attenzioni delle telecamere e si attardano per strappare due parole e una foto al vip di turno».
Mario invece preferisce andar via appena terminano dirette e registrazioni. Non gli interessa legare molto. Eppure i figuranti tra loro cercano un contatto. «Quasi tutti hanno gruppi su whatsapp o su Facebook in cui dialogano e si scambiano informazioni – racconta l’emigrante siciliano -. Nascono amicizie e amori tra uno studio e l’altro, certamente. Sono soprattutto i meridionali che riescono a stringere rapporti, appena ci si riconosce non ci si lascia più».
Ma lui, Mario, come ha cominciato? «Un mio amico mi ha proposto di andare ad assistere ad una puntata di Gabezo, quando ancora era un programma su Rai3. Partecipavamo come semplici appassionati, gratuitamente – è il suo racconto – e poi incontrammo un ragazzo che invece quasi ci prese in giro. Lui si faceva pagare, lo faceva per mestiere, e così pure io ho cominciato a volerne sapere di più. Mi sono iscritto a un sito che si occupa esclusivamente di programmi Rai, e hanno cominciato a chiamarmi. Mediaset e La7, invece, si affidano a società esterne che gli garantiscono di volta in volta il pubblico».
Viene da chiedersi se ci sono regole ferree per stare in tv, specie sull’azienda di Stato: codici di comportamento o di vestiario, per esempio. «Mah, dipende al massimo dagli ispettori di produzione – spiega ancora il gelese -. Non si possono indossare vestiti appariscenti, con loghi e marche in bella vista, e di certo non si può urlare per attirare l’attenzione. Ma le trasmissioni hanno bisogno del pubblico, e quindi al massimo se non piaci vieni relegato in ultima fila».
Mario è refrattario al culto del divismo: nonostante in un anno abbia incontrato parecchi personaggi televisivi, non si è fermato mai a chiedere loro un autografo o un saluto. Almeno ha qualche aneddoto interessante da svelare, da dietro le quinte? «Mi ricordo quella volta che l’ospite fu Vittorio Cecchi Gori – sorride -. Talmente messo male che si addormentava in diretta, non riusciva a biascicare parole, e gli operatori facevano a gara per non inquadrarlo. Oppure quell’altra in cui c’era una piccata Eleonora Daniele che a un certo punto chiede a noi del pubblico: “Chi ha un Aulin”? Io ho risposto ad alta voce: “La farmacia”. Sono diventato l’idolo tra il pubblico, perfino quelli dello studio mi davano pacche sulle spalle».
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