Emicrania, la malattia al femminile

di Rossella Catalano

Giornata speciale, quella di ieri, che ha visto la sala “Lanza” dell’Orto Botanico di Palermo gremita di persone. Tanti i pazienti che si sono mescolati alle centinaia di persone presenti in sala e numerosa la partecipazione di specialisti e neuropsicologi esperti in cefalea. Una giornata particolare dedicata all’emicrania, considerata oggi una malattia sociale invalidante che colpisce prevalentemente le donne.

L’incontro, dal titolo: “Emicrania: un dolore al femminile”, si è svolto, non a caso, in contemporanea all’iniziativa nazionale, rivolta all’intera popolazione. Giunta alla sua v edizione, la Giornata Nazionale del mal di testa è stata promossa dalla (Sisc), Società italiana per lo studio delle cefalee, fondata nel 1976.

Chiaro e forte il messaggio che gli esperti coinvolti hanno voluto dare al pubblico presente nella bellissima sala “Lanza” dell’Orto Botanico: sensibilizzare la popolazione, ascoltare il dolore di chi soffre, educare medici e pazienti a un migliore dialogo, affinché il dolore da mal di testa non frantumi la vita di chi ne è affetto.

La presenza massiccia di pubblico e l’attenzione prestata ai singoli interventi ha testimoniato ancora una volta l’importanza dell’emicrania come malattia comune e malessere sociale.

A fare da padrone di casa, il Prof. Filippo Brighina, neurologo e responsabile del Centro cefalee del Policlinico di Palermo.

“L’incontro di oggi- ha dichiarato Brighina- vuole essere anzitutto un invito a fare alleanza, affinché medici e pazienti possano parlarsi di più e trovare una soluzione al dolore”. Brighina ha inoltre posto l’accento sulla necessità di migliorare la rete territoriale per l’assistenza alle cefalee.

“L’emicrania – ha continuato Brighino – incide in maniera rilevante sulla vita delle persone, pertanto, il paziente cefalalgico non può continuare a essere ignorato, né sottovalutato ma, al contrario, va tutelato sia in ambito medico che in ambito lavorativo”.

Brighina ha poi spiegato come la malattia incida, oggi, sia sui cosiddetti costi diretti (visite mediche), sia sui costi indiretti (perdita delle giornate di lavoro); i primi connessi all’invalidità, i secondi all’inabilità al lavoro.

Molto apprezzato l’intervento della giornalista, Mimma Calabrò, che è intervenuta, non solo in qualità di esperta della comunicazione, ma anche e soprattutto in qualità di donna, di paziente emicranica e di madre che deve confrontarsi con il dolore di una figlia affetta dallo stesso male.

Significativa, infatti, l’attenzione rivolta alle cefalee dell’infanzia e dell’adolescenza, spesso conseguenza di disagio psicologico. Si è parlato dell’uso errato e spropositato dei farmaci che, assunti senza un adeguato supporto medico, possono condurre alla cronicizzazione della malattia. La parola d’ordine è stata, infatti, cura e prevenzione ma con responsabilità.

Al centro dell’attenzione del dibattito, l’emicrania come malattia femminile. “L’emicrania- ha spiegato il prof. Brighina- colpisce prevalentemente il gentil sesso per questioni legate al complesso ruolo degli ormoni femminili. E’ necessario dunque, un approccio medico più attento alle cicliche fasi ormonali presenti nella donna.

Tra le tante figure professionali presenti all’incontro, sono intervenuti anche: Flavia Consolo (neurologa); Giovanni Savattieri (prof. Ordinario di neurologia, direttore UO neurologia Policlinico di Palermo); Fabrizio Scalici (medico di famiglia) e Daniela Miceli (docente di scienze della formazione primaria).

Per ultimo, ma non per questo meno importante, l’intervento di Carmelo Buono, responsabile Alce Sicilia (Alleanza Cefalalgici), che ha ribadito la necessità di un impegno normativo per il riconoscimento della malattia come malattia invalidante.

“E’ opportuno – ha spiegato Carmelo Buono – che il Governo regionale concentri l’attenzione verso quella che è ormai una malattia sociale. Il riconoscimento d’invalidità, anche se, nel caso di questa malattia, non prevede benefici economici, garantirebbe a coloro che soffrono di mal di testa una maggiore tutela in ambito lavorativo e consentirebbe di usufruire di quei benefici assistenziali di cui godono gli invalidi civili.

” Il dolore e la sofferenza non dovrebbero mai diventare parte integrante della vita di un individuo. E’ da qui, dalla capacità di rispondere alle esigenze di chi soffre, che si misura il grado di civiltà di un Paese”.

 

Redazione

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