Emicrania, con una corretta terapia si può vivere meglio

di Rossella Catalano

Per aiutare i malati cefalalgici a uscire dall’isolamento e dallo sconforto, continuiamo il nostro ‘viaggio’ verso il mondo sommerso dell’emicrania. Lo facciamo attraverso l’informazione, ma anche attraverso la condivisione di esperienze comuni.

Abbiamo incontrato Carmelo Buono, 53 anni, paziente emicranico dal 1977. Carmelo ci racconta che ogni giorno entra in contatto con tanti pazienti affetti da “mal di testa” poichè da diversi anni è Responsabile regionale dell’Associazione Alleanza Cefalalgici Sicilia, un’organizzazione costituita da pazienti e medici che lavorano di concerto per migliorare la qualità della vita delle persone affette da malattie cefalalgiche.

“L’associazione – ci spiega Carmelo – ricopre un ruolo estremamente importante, sia perché richiama l’attenzione delle istituzioni sui bisogni dei cefalalgici, sia perché fornisce ai pazienti tutte quelle informazioni necessarie a conoscere la malattia e a comprendere meglio i propri disturbi”.

All’epoca in cui Carmelo ha cominciato ad accusare i primi sintomi della malattia aveva solo diciassette anni, un’età molto delicata in cui, se non si ha l’aiuto dei propri cari, è facile cadere nello sconforto e, in alcuni casi, anche in un brutto stato di depressione.

“Quando per la prima volta venni, inaspettatamente, colto da un attacco emicranico, non sapevo nulla della malattia e non potevo nemmeno immaginare che quel dolore infernale mi avrebbe accompagnato per il resto della mia vita. Tuttavia, quello che mi era sembrato un dolore terribile, si rivelò nulla in confronto a quello che arrivò solo qualche giorno dopo”.

“Di li a poco – continua Carmelo – imparai in fretta a conoscere i sintomi che preannunciavano la crisi vera e propria: spossatezza, annebbiamento della vista e perdita di controllo dei movimenti e della parola”.

Per poter finalmente giungere a una corretta diagnosi della sua malattia, Carmelo ha atteso dieci lunghi anni, durante i quali ha dovuto pellegrinare da una città all’altra e sottoporsi al controllo di diversi specialisti.

“ Solo nel 1987 – continua Carmelo – grazie all’incontro con la dottoressa Grazia Sancez, responsabile del centro cefalee, Casimiro Mondino di Pavia, mi fu data una diagnosi chiara e definitiva della mia malattia. Ero e sono tutt’oggi affetto da Emicrania Emiplegica Sporadica, una rara forma di cefalea che, durante la fase acuta della crisi, può provocare anche deficit motori e disturbi della parola”.

“Giungere ad una corretta diagnosi del problema- raccont sempre Carmelo – benché non sia stata risolutiva per la mia malattia, mi ha consentito di trovare la giusta terapia e dunque la possibilità di attenuare l’intensità delle crisi e, talvolta, anche la possibilità di prevenire o gestire l’arrivo dell’attacco emicranico”.

Carmelo è un uomo sorridente e apparentemente sereno, ma dietro le sue parole pronunciate come un fiume in piena, si cela un pizzico di amarezza che appartiene solo a chi, come lui, ha dovuto e deve ancora combattere per essere riconosciuto un malato di serie A.

Nel suo racconto, inciso di dolore, non è difficile leggere il desiderio di togliersi di dosso quella ingiusta etichetta di “malato immaginario”.

Parla e si racconta con la motivazione di chi vuole finalmente essere ascoltato. Ci informa dell’impegno costante che l’associazione Alleanza cefalalgici, mette ogni giorno affinché anche la Regione Sicilia, così come hanno già fatto la Lombardia e la Valle d’Aosta, riconosca la malattia cefalalgica cronica come malattia invalidante.

“Il riconoscimento di invalidità, consentirebbe a noi pazienti cefalalgici, di usufruire di quei servizi assistenziali di cui godono gli invalidi civili: esenzione dal ticket e la possibilità di accedere alla terapia con una procedura più veloce e snella”.

“Mi rendo conto – afferma Carmelo – che ci sono malattie più gravi ma anche l’emicrania, o ogni altra forma cronica di cefalea, può rivelarsi devastante sia per chi ne è vittima sia per i familiari. I soggetti affetti da patologie cefalalgiche croniche, vivono con la continua angoscia che quel “dannato” dolore possa tornare in qualsiasi momento. Abituarsi a convivere con il dolore e a “star bene” solo a fasi alterne non è mai facile”.

“Oggi – secondo Carmelo- il medico di base riesce, più che in passato, a gestire i casi sia di cefalea comune che quelli più complicati e, in questi ultimi casi, può consigliare e indirizzare il paziente verso i centri cefalea specializzati. Da qui ha inizio un percorso che per il paziente è fatto di attesa e di speranze, perché è naturale che ogni persona sofferente auspichi di concludere il suo percorso terapeutico nel più breve tempo possibile ed è qui che spesso arriva lo sconforto e il desiderio di abbandonare al primo fallimento. (sopra, foto tratta da my-personaltrainer.it)

“Quindi – conclude Carmelo – il messaggio che voglio dare a chi, come me, si trova in questa disagiata situazione è quello di non mollare di fronte al primo tentativo di cura che non va in porto, di cercare di essere pazienti e di collaborare di più con il medico specialista. Solo così si può evitare di cadere nel vortice di chi assume farmaci senza controllo, perché è allora che la cefalea diventa più aggressiva. Un po’ come il predatore che non vuol concedere scampo alla sua preda”.

 

Redazione

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