Emergency, a Palermo come a Kabul Ue: «Un esempio da trasmettere in Europa»

Quando, il 25 novembre scorso, una delegazione del parlamento europeo venne in Sicilia a visitare i centri di accoglienza per migranti, la svedese Cecilia Wilkstrom, a capo del gruppo di eurodeputati, usò parole durissime per descrivere la situazione del Cara di Salinagrande, vicino Trapani. «Nei bagni mancano l’acqua e le porte, l’acqua nelle docce è fredda, i dormitori sono affollatissimi – denunciò – In queste condizioni è davvero difficile tutelare la dignità umana». Alla fine del suo discorso, però, aggiunse. «Abbiamo visitato il poliambulatorio di Emergency a Palermo, questo tipo di struttura è un esempio che potrebbe essere esportato anche nel resto d’Europa, dove non ci sono strutture analoghe. Sono persone che si prendono cura dei più bisognosi e che vanno incontro alle esigenze dei profughi».

Fu il giusto riconoscimento all’attività dei volontari di Emergency, che dal 2006 opera a Palermo attraverso un poliambulatorio. Sono due i presidi fissi dell’associazione fondata da Gino Strada in Italia. A Marghera, nel vicentino, e appunto, a Palermo. In cinque anni da qui sono passate quasi 9mila persone, per un totale di 50mila visite effettuate. «In Italia in teoria anche gli immigrati irregolari godono del diritto alla salute, ma come dovrebbero curarsi?» spiega Abdul Fatah, uno dei responsabili del centro. Fatah viene dell’Etiopia ed è a Palermo dal 2003. Sono una settantina, tra medici e volontari, le persone che rendono possibile questo piccolo miracolo. Al poliambulatorio si fanno 40-45 visite al giorno. Vengono qui immigrati irregolari, comunitari senza contratto di lavoro e, negli ultimi anni, sempre più italiani. Soprattutto donne. «Molte mamme italiane vengono a fare l’ecografia da noi, perché i tempi di attesa negli ospedali pubblici sono lunghissimi» racconta Fatah.

Proprio per le donne è nato un progetto specifico. «Una visita speciale, con un’ostetrica, una senologa e un’infettologa. Tutte insieme, per una diagnosi completa. Non succede da nessun’altra parte». Il volantino illustrativo del Progetto Donna è scritto in sei lingue: italiano, francese, inglese, arabo, rumeno e bangla (la lingue del Bangladesh). Una babele che rispecchia la classifica delle nazionalità più presenti non solo nell’ambulatorio, ma anche a Palermo. Romania, Ghana e Bangladesh ai primi tre posti. Seguono Marocco, Tunisia, Mauritius, Nigeria e… Italia.

Ma nell’ambulatorio di Emergency non si curano solo ferite e malattie. «Gli immigrati in generale – specifica Fatah – hanno una scarsa conoscenza della sanità. Serve un lento percorso di educazione. Molti non conoscono, per esempio, cosa sia il diabete o l’ipertensione. Serve tempo e pazienza, ma l’obiettivo è renderli indipendenti». E poi ci sono gli occhiali e le protesi. «Nessuno muore se non porta gli occhiali, ma si perde una parte del mondo» continua Fatah. Nessuna struttura del sistema sanitario nazionale fornisce questo servizio, qui invece sono moltissimi a ricevere lenti e montature. Mentre per le protesi, il cui costo supera spesso i mille euro, i tempi di attesa sono più lunghi, circa un anno.

Emergency ha lanciato una campagna di donazioni per le feste natalizie. Si chiama Sos Emergency. «Vi chiediamo aiuto – scrive Gino Strada – affinché Emergency, anche nella difficile situazione di oggi, possa continuare a esistere, perché non venga interrotto uno straordinario esperimento umano di cura e di cultura». Qui è possibile trovare tutte le informazioni per sostenere le attività dell’organizzazione, che non smette di andare incontro a chi ha bisogno di aiuto. Ultima tappa? Vittoria, in provincia di Ragusa. Dal 22 dicembre tra le campagne vittoriane potrà capitare di incontrare un camion tutto rosso. È la nuova postazione mobile di Emergency, nata per portare assistenza sanitaria ai braccianti delle serre della zona.

Salvo Catalano

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