Elezioni: competizione aperta o grande ‘trappolone’ anti-Musumeci?

Elezioni regionali siciliane: lo scenario che si prospetta dopo la presentazione delle liste per il rinnovo dell’Ars è complesso e di non facile lettura. Difficile capire le alleanze – quelle vere – che riguardano gli schieramenti politici in campo. C’è una realtà apparente e una nascosta.

Proviamo a ‘leggere’ quello che sta succedendo e, soprattutto, quello che potrebbe succedere mettendo assieme i candidati alla guida della Sicilia, la composizione delle liste per il rinnovo di Sala d’Ercole e i futuri equilibri politici nazionali.

Tutti i candidati meritano l’attenzione del mondo dell’informazione. Ma ce ne sono cinque che, a meno di colpi di scena, dovrebbero essere i più votati: Nello Musumeci, Giovanna Marano (con Claudio Fava vice presidente), Rosario Crocetta, Gianfranco Miccichè e Giancarlo Cancellieri.

Cominciamo dall’ultimo citato: Giancarlo Cancellieri, candidato del Movimento 5 Stelle. A nostro avviso l’esponente grillino è stato – e continua ad essere – sottovalutato. Piaccia o no, il Movimento di Beppe Grillo è la novità della politica italiana. Un ciclone che si abbatterà anche in Sicilia.

Dalle nostre parti, a votare per questa nuova formazione politica saranno in tanti. Attirati, anche, dalla serietà con la quale i dirigenti di questa formazione politica affrontano i temi che riguardano i cittadini: la raccolta dei rifiuti, il ‘no’ ai termovalorizzatori e, in generale, tutte le questioni della politica che possono essere approfondite leggendo il loro programma di governo. (a destra, foto tratta damilocca.wordpress.com)

Questo schieramento politico potrebbe portare alle urne un sacco di siciliani che, di solito, non vanno a votare. Ma potrebbero anche intercettare consensi provenienti da tutti gli altri schieramenti politici.

I grillini, è noto, sono molto attivi sulla rete. Ma sono sostenuti anche dal loro leader, che nei prossimi giorni dovrebbe arrivare in Sicilia. La presenza di Grillo nell’Isola potrebbe risultare importante ai fini di una buona affermazione di questo Movimento.

Giovanna Marano e Claudio Fava giocano una partita politica a sinistra dello schieramento politico. In Sicilia, negli anni ’80 del secolo scorso, i partiti di Sinistra, nel loro complesso, si attestavano intorno al 33-35 per cento dei consensi (dato che si otteneva mettendo assieme il Pci, il Psi, il Psdi e altri movimenti).

Oggi lo scenario è mutato. Ma un elettorato potenziale di Sinistra è ancora presente.

Questo elettorato è molto deluso dalla linea politica portava avanti dal Pd negli ultimi quattro anni. L’area di questo Partito di provenienza dal vecchio Pci, pur tra qualche contraddizione, conservava una tradizione di rigore nella lotta alla mafia, frutto della testimonianza politica di uomini del calibro di Girolamo Li Causi e Pio La Torre, per citarne solo due.

Negli ultimi quattro anni, come già accennato, il Pd siciliano ha messo da parte questo rigore e si è alleato, per questioni di mero potere, con un presidente della Regione – Raffaele Lombardo – inquisito per mafia. La base ha provato a ribaltare questa impostazione. Ma i vertici del Partito siciliano, sorretti da Roma, si sono opposti, impedendo la celebrazione di un referendum che avrebbe dovuto dare la parola a iscritti, militanti e simpatizzanti che, in massa, avrebbero detto “no” all’alleanza con Lombardo.

Giovanna Marano e Claudio Fava stanno provando a costruire un progetto politico con tutti gli elettori della Sinistra siciliana, compresi i tanti elettori delusi del Pd. Ed è proprio per bloccare questo processo che, con molta probabilità, ‘qualcuno’ ha provato a delegittimare Fava. C’è stato un tentativo di far passare l’idea che il voto ‘utile’ è quello al Pd, visto che Fava è stato attaccato con un cavillo giuridico (sul quale si attende il pronunciamento della Giustizia). L’operazione, come abbiamo scritto ieri, è fallita, perché Fava, con grande generosità, ha messo in salvo il progetto politico. Ed ora la Sinistra siciliana si presenta con due candidati: Giovanna Marano e Fava.

Se i due candidati riusciranno a parlare al cuore e alle menti dei tanti elettori progressisti siciliani la politica potrebbe riservare qualche sorpresa alla nostra Regione. Torneremo su questo tema alla fine di questo ragionamento.

Nulla da dire sul candidato di centrodestra, Nello Musumeci. Grande persona per bene, grande esperienza amministrativa, molto amato dagli abitanti della provincia di Catania (ma è anche conosciuto e apprezzato nel resto della Sicilia), Musumeci, stando ai sondaggi, parte favorito. Con molta probabilità, è molto più forte delle liste che lo sostengono (Pdl, Cantiere popolare-Pid, La Destra). Ciò significa che intercetterà molto voto disgiunto (elettori che voteranno per lui alla presidenza della Regione e Partiti che non sostengono Musumeci alle elezioni per il rinnovo dell’Ars).

Con Rosario Crocetta e Gianfranco Miccichè il gioco si complica. Prima della presentazione delle liste era no – e lo abbiamo scritto – vedevamo Miccichè in grado di superare Crocetta. Dopo aver analizzato le liste dei Partiti che sostengono questi due candidati la nostra visione è un po’ mutata. Vediamo di illustrare il perché.

Su queste due candidature corrono due interpretazioni. La prima interpretazione – che noi abbiamo ‘sposato’ prima di analizzare le liste per il rinnovo dell’Ars – è che i due sono alternativi. Ognuno dei due candidati giocherebbe la propria partita. Provando a intercettare il cosiddetto voto disgiunto. E, naturalmente, provando a togliere voti agli altri candidati.

Questa interpretazione è ancora valida. Ma l’analisi delle liste ci porta a considerare una seconda interpretazione.

Entrando subito in tema, diciamo che, in sostegno della candidatura di Miccichè, ci aspettavamo liste più forti. Grande Sud – il partito dello stesso Miccichè – non dovrebbe avere problemi, anche per il carisma del suo leader. Nessun problema anche per la lista del Partito dei Siciliani di Raffaele Lombardo (che noi valutiamo sotto il 10 per e non al 15 per cento come abbiamo letto in certi sondaggi). I dubbi sorgono nell’analizzare la lista di Futuro e libertà, che a noi sembra un po’ debole, anche se rafforzata da candidati messi da Lombardo.

Ecco, la parte un po’ inquietante di questa campagna elettorale è rappresentata dalle liste di Lombardo. Il plurale è d’obbligo perché candidati vicini al presidente della Regione uscente sono presenti in tante, forse in troppe liste.

Lino Leanza, ex assessore regionale, un tempo vicino a Lombardo, è candidato nell’Udc, Partito che sostiene Crocetta insieme con il Pd. Candidati di matrice lombardiana si ritrovano nella lista Crocetta in vari collegi. Altri candidati vicini al presidente della Regione uscente, come già accennato, li ritroviamo in Futuro e libertà.

Insomma: i candidati lombardiani presenti negli altri Partiti sono tanti. Forse troppi. Soprattutto con riferimento all’Udc e alla lista Crocetta.

Certo, nel caso dell’Udc e della lista Crocetta si potrebbe trattare – e questa, del resto, è la tesi ufficiale – di gente che si è allontanata da Lombardo.

Trova dignità, però, una seconda ipotesi: e cioè che Lombardo abbia piazzato candidati in vari schieramenti politici sulla base di un preciso e concordato disegno politico. Quale?

Se consideriamo plausibile l’ipotesi che i candidati lombardiani piazzati nell’Udc e nella lista Crocetta non sono transfughi, ma uomini messi lì dallo stesso presidente della Regione uscente, potrebbe essere valida l’ipotesi che Lombardo, Crocetta, Miccichè, l’Udc e il Pd – in questo ipotetico scenario alleati occulti – starebbero provando ad ‘accerchiare’ Musumeci.

Cosa rende poco credibile questo progetto? L’autonomia di pensiero e di azione che Crocetta ha già dimostrato rifiutandosi di ‘imbarcare’ nello schieramento in proprio sostegno l’assessore regionale alla Salute uscente, Massimo Russo.

Crocetta, inoltre, ha messo su liste per il rinnovo dell’Ars autonome rispetto al Pd. Non è da escludere, insomma, che, una volta eletto, Crocetta mandi all’aria i progetti centristi per un’alleanza con la Sinistra, grazie anche a una legge elettorale che, in presenza di molti candidati, ripristina una quasi-forma di governo parlamentare (il futuro presidente non avrà una maggioranza in Aula e dovrà allearsi con altre forze politiche).

Cosa rende, invece, credibile l’ipotesi di una grande alleanza anti-Musumeci? In primo luogo, il fatto che lo stesso Musumeci, senza il ‘divorzio’ da Miccichè, avrebbe vinto le elezioni senza problemi. In secondo luogo il fatto che, nonostante la scissione, Musumeci – stando ai sondaggi – è in testa.

Il terzo elemento che rende credibile questo possibile scenario è il fatto che il Pd fa ancora parte del Governo Lombardo. A dimostrarlo, tra le tante cose, è la presenza di Ludovico Albert, uomo forte del Partito democratico, al vertice del dipartimento regionale della Formazione professionale.

C’è, poi, un quarto elemento da non sottovalutare: lo scenario politico nazionale. Se consideriamo Lombardo e Miccichè in chiave esclusivamente siciliana, nessuno dei due riuscirebbe a far eleggere propri rappresentanti al Parlamento nazionale. Anche presentandosi insieme, Grande Sud e il Partito dei Siciliani non arriverebbero a Roma.

Lo scenario muta radicalmente se la Sicilia viene vista da Roma. Nella ‘Capitale’ c’è già l’accordo tra il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, e il presidente della Camera e leader di Futuro e libertà, Gianfranco Fini. Se l’ipotesi che abbiamo elaborata è vera, Crocetta, Miccichè, Lombardo, l’Udc, con l’appoggio del Pd, ‘ingabbiando’ e battendo Musumeci realizzerebbero un triplice obiettivo: porterebbero la Regione siciliana in dote all’asse Casini-Fini; si garantirebbero i seggi a Roma; e, soprattutto, batterebbero Silvio Berlusconi in Sicilia, in attesa di eliminarlo definitivamente alle prossime elezioni politiche.

Musumeci viene accusato di essere poco ‘autonomista’. Motivo: è alleato di un Partito – il Pdl – a propria volta alleato della Lega. L’accusa non è infondata.

Ma se fosse vera l’ipotesi anti-Musumeci, Crocetta, Lombardo, Miccichè, l’Udc in accordo con il Pd starebbero giocando una partita politica nazionale sulla pelle della Sicilia. 

L’ipotetico accordo anti-Musumeci tra Crocetta, Lombardo, Miccichè, Udc e Pd sconta un limite: l’eccessivo spostamento del Partito democratico verso il centro. Questo, volendo essere un po’ maligni, potrebbe spiegare il già citato tentativo, non riuscito, di mettere fuori gioco Claudio Fava e le liste della Sinistra.

In assenza di un candidato di Sinistra – cioè alla sinistra del Pd – l’eccessivo spostamento al centro del Pd non avrebbe creato problemi, perché gli elettori progressisti siciliani, bene o male, avrebbero comunque votato per lo stesso Pd.

Ma il candidato – anzi, i candidati, perché adesso sono due – di Sinistra ci sono: Giovanna Marano e Claudio Fava. E questo – sempre che quest’ipotesi sia vera – crea non pochi problemi al Pd.

In ogni caso, l’immagine appannata da quattro anni di Governo con Lombardo e un ipotetico sostegno a un’operazione politica centrista aprono grandi spazi ai due candidati della Sinistra.

Giovanna Marano, Claudio Fava e tutti i candidati delle liste in tutt’e nove i collegi debbono provare a parlare a tutto l’elettorato di Sinistra, spiegando che la Sicilia – o meglio, la Sinistra siciliana – non può essere rappresentata da un Partito, il Pd, alleato con Lombardo in Sicilia e, addirittura, con Casini e Fini a Roma.

Il 28 ottobre c’è la concreta possibilità che tutti i voti della Sinistra siciliana si canalizzino su un progetto politico di reale cambiamento della Sicilia: un cambiamento che non può che essere rappresentato da Giovanna Marano e Claudio Fava. Magari avviando un ragionamento con altre forze politiche non tradizionali.

 

 

 

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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