Jeans, camicia bianca con le maniche svoltate e occhiali da sole, a coprire la fatica di una campagna elettorale lanciata già lo scorso dicembre. Quarantenne avvocato, da due mandati siede in consiglio comunale sui banchi dell’opposizione. Militante del Fronte della Gioventù, eletto con Alleanza Nazionale prima e Pdl poi, anche dirigente nazionale di Fratelli d’Italia, Giovanni Moscato oggi è candidato a sindaco, sostenuto da quattro liste civiche.
Dopo una storica militanza nella destra, oggi una candidatura senza simboli di partito. Quando – e se – il suo percorso politico ha cambiato direzione e quale ha imboccato?
«Io non rinnego certo il mio passato, quella è la mia storia e la mia appartenenza. Nel luglio scorso però ho deciso di non rinnovare la tessera di Fratelli d’Italia. Insieme a molti avevamo già concordato un progetto di cambiamento per questa città».
L’agricoltura, prima attività economica della città, versa in gravi condizioni. Qual è la soluzione?
«Il nostro prodotto è il due per cento della produzione mondiale. Una nicchia di mercato che nessuno conosce però, a differenza del marchio Pachino. Dobbiamo quindi puntare sulla qualità. Intanto è necessario ottenere la certificazione Igp. I precedenti amministratori dicevano di volerla; noi invece la otterremo. È necessaria anche una grande campagna di marketing, la pubblicità è l’anima del commercio. Finanzieremo la promozione investendo in pubblicità un centesimo per ogni chilo di prodotto. La spesa sarà a carico dei commissionari e dei magazzini. Bisogna unire, non dividere; lasciare da parte contrapposizioni e guerre di religione. I produttori si devono adeguare e associarsi nelle Op».
Il mercato ortofrutticolo è il punto nevralgico dell’economia vittoriese. Il suo regolamento risale al 1971. Riuscirà a introdurre delle sostanziali innovazioni?
«Non si poteva intervenire con un nuovo regolamento negli ultimi mesi di questa amministrazione. Noi ci impegneremo ad ottenerlo nei primi cento giorni di governo cittadino. Per farlo, sarà necessario fare sintesi tra le posizioni differenti delle varie categorie: produttori, commissionari, esercenti. Tutti dovranno rispettare nuove regole e la condizione migliorerà; anche se siamo coscienti che il nuovo regolamento non sarà la soluzione al problema».
Il mercato è anche al centro di indagini da anni. Quanto condiziona l’infiltrazione della criminalità organizzata?
«Ogni volta che si accosta il termine mafia al mercato ortofrutticolo si produce un danno enorme alla città. Capita persino nella vicina Modica, figurarsi a Roma o Milano. Che brand esportiamo quindi? È logico che la mafia sia interessata a grandi masse di denaro e che cerchi di entrare in una struttura del genere. Io però non ricordo un intervento che abbia coinvolto il mercato dall’interno. Lì lavorano imprenditori onesti. Discorso diverso riguarda l’indotto, dove le forze dell’ordine sono intervenute. Non si può sparare nel mucchio, con interrogazioni e documenti che fanno male a tutti e lanciano allarmi, ma è necessario intervenire con precisione».
Secondo molti la causa della crisi è l’arrivo di merci dall’estero. Esiste una soluzione?
«Il danno prodotto dall’importazione di merce di origine nordafricana è incredibile: abbassa il prezzo e uccide il mercato. Non si può competere con chi ha un costo del lavoro così basso. Credo però che un sindaco non può intervenire su questioni che riguardano l’Ue, dove l’Italia e la sua agricoltura contano pochissimo. Può al massimo intestarsi e condurre una battaglia politica. E non potrei intervenire sulle multinazionali francesi che investono in Marocco, e nemmeno sull’imprenditore vittoriese che decide di coltivare in Tunisia. È la libertà d’impresa».
Tra i primi a sostenere gli scambi commerciali con il nord Africa, l’allora ministro del suo partito Gianni Alemanno.
«Tutto parte dall’accordo Euro-Mediterraneo, siglato nel 1999. Che Alemanno sbagliò, con l’introduzione dei green corridors, è innegabile. Ma volete attribuirmi questa colpa?».
Il suo tema principale è il cambiamento; il sindaco uscente però l’ha accusata di circondarsi di persone in passato a lui vicine. Come risponde?
«Immagino che, di 15mila persone che lo hanno sostenuto in passato nel suo progetto, molte siano rimaste deluse. E abbiano deciso di cambiare liberamente. Non ho offerto loro nulla. E soprattutto, non ho nominato una persona che è stato assessore per un solo giorno con la giunta Nicosia».
Se diventasse sindaco, come prevede la gestione dei rifiuti?
«Il servizio di raccolta differenziata partirà immediatamente, con il porta a porta. Elimineremo i cassonetti, che sono antiestetici e anti-igienici. Sarà facile, con una campagna di comunicazione di impatto sin da subito. Contiamo molto nel supporto delle associazioni. Il sistema di sgravi economici poi collegato farà il resto».
L’incarico della Tek.r.a. scade in estate. Chi si occuperà quindi del servizio?
«Non c’è ovviamente il tempo per intervenire, con le elezioni a giugno. Quindi si dovrà provvedere o a una proroga semestrale o a un affidamento d’urgenza. Poi però avremo il tempo di programmare la gara d’appalto, che sarà pluriennale, in cui affideremo il servizio in modo trasparente».
Intanto continua la liquidazione dell’ente pubblico Amiu. I debiti contratti possono mettere a rischio il bilancio comunale?
«La gestione della liquidazione farà il suo corso. I 18 milioni di debiti (9 lasciati da Aiello e 9 da Nicosia) sono un grave peso. Tutto comunque rientrerà nell’operazione trasparenza: daremo conto ai cittadini della situazione economica. Mi preoccupa anche la vicenda dell’Emaia [l’ente fieristico comunale], il cui debito è di 4,5 mln di euro».
In contrada Pozzo Bollente si trovano la discarica – sito inquinato e pericoloso –, e il centro di compostaggio – mai partito. Cosa succederà in quel sito?
«La discarica è una bomba ambientale. Già nel luglio del 2013 chiedemmo dove erano finite le somme per la gestione della discarica post-mortem, necessari per la bonifica del sito. Il centro di compostaggio, poi, deve partire subito. Servono circa centomila euro, per metterlo in funzione. Li troveremo: significa che faremo un concerto di Battiato in piazza in meno».
Il Prg è finito al Tar; alla città manca un piano di sviluppo dal 1988. Quali misure adotterete?
«Lo approveremo nei primi sei mesi di amministrazione, nella direzione che avevamo votato e che il sindaco ha impugnato. Adotteremo una logica non di cementificazione selvaggia, ma di riperimetrazione, di perequazione e di rispetto del suolo; loro invece volevano rendere tutto edificabile».
Vittoria è una città che soffre: quali misure avete previsto per contrastare la povertà dilagante e ricreare occupazione?
«Il Comune può rilanciare le attività produttive: le aziende agricole e il turismo. Solo così si possono creare centinaia di posti di lavoro. Il comune può dare servizi, non lavoro».
A Vittoria i migranti ufficialmente registrati sono più di 5mila; i non registrati, almeno altrettanti. Come si possono includere nel tessuto e garantire loro diritti? Come si può contrastare il fenomeno di sfruttamento lavorativo (e anche sessuale) a cui sono soggetti?
«Il sindaco non può mettersi in campagna a controllare quanto viene pagato il tunisino o il romeno. Sullo sfruttamento non ha poteri. Poi, Vittoria è una città che integra, che da quarant’anni vive il fenomeno. Io non ricordo un episodio razzista. Che poi si voglia ancora più integrazione, questo va bene».
Quanto è costata la sua campagna elettorale e chi l’ha finanziata?
«La nostra è stata tutta autofinanziata, con cene, pizze, cover e magliette. Dei 96 candidati ognuno ha dato ciò che ha potuto. È quella che è costata meno, poco sopra i 10mila euro. Siamo partiti in anticipo, siamo stati bravi a fare partire il tormentone, siamo stati fortissimi sui social. E tutti gli altri ci hanno inseguito».
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