Ora, Idea e Soluzione. Sono queste le tre liste con cui Saverio Bosco si presenta alle elezioni amministrative a Lentini. Il consigliere comunale uscente di opposizione, ha 32 anni ed è laureato in Farmacia. Figlio dell’ex deputato regionale del Pci Mario Bosco, dopo una lunga militanza nelle file della sinistra, adesso vuole rompere gli schemi della vecchia politica.
Perché ha scelto di candidarsi a sindaco?
«L’idea è nata insieme a un gruppo di giovani, tutti fra i 30 e 40 anni, legati dalla volontà di rinnegare fortemente ogni tipo di appartenenza partitica e dall’interesse a concentrarsi in attività che permettano la riorganizzazione della città».
Quali sono i punti centrali del suo programma? A che cosa la città non può più rinunciare?
«Io sono convinto che non si possa più assolutamente rinunciare innanzitutto alla riorganizzazione della macchina amministrativa e al risanamento del bilancio. Serve individuare forme di finanziamento esterne, come bandi europei e regionali, ma anche supporti da parte di soggetti privati che collaborino con l’ente cittadino».
Qual è la figura politica o tecnica (nazionale o internazionale) a cui si ispira?
«Senza peccare troppo di presunzione, mi piacerebbe rappresentare quello che rappresentò il sindaco Enzo Bianco per Catania alla sua prima elezione: una primavera».
In caso non riuscisse ad andare a ballottaggio, con chi si alleerebbe eventualmente nel secondo turno?
«Partiamo dal presupposto che sono quasi certo di andare al ballottaggio. Se poi così non dovesse essere, sceglierei di stare al fianco di un bravo amministratore. Sono più indirizzato verso una forma di partecipazione politica che non è quella standard. Se dovessi scegliere fra la novità e la continuità, non ho dubbi: certamente sceglierei la novità».
Elenchi le prime tre cose che farebbe appena eletto primo cittadino.
«Al primo posto metto la riorganizzazione della macchina amministrativa, visto che ereditiamo un comune retrocesso in serie B. E vorrei partire innanzitutto dalla realizzazione di cose a costo zero, per esempio far funzionare meglio i vigili urbani. Poi mi occuperei di un piano regolatore più attuale per le esigenze della città e di un piano di sviluppo economico nuovo. Infine, ma non in ordine di importanza, selezionerei all’interno degli uffici un gruppo di persone per creare uno staff che si dedichi esclusivamente al lavoro di ricerca di bandi comunitari».
Un pregio e un difetto della precedente amministrazione.
«Per me è molto difficile riuscire a trovare un pregio, direi che è stata la coerenza, l’aver seguito sempre una stessa linea. L’altra faccia della medaglia, però, è proprio che chi ha governato negli ultimi dieci anni è stato coerente nel non prendere mai nessuna decisione importante, il che ha fatto indubbiamente indietreggiare la città».
Il suo passato in politica è piuttosto instabile (passando in consiglio dalla maggioranza Pd all’opposizione). Adesso crede di aver trovato la sua posizione?
«Ormai da tre anni ho deciso di non fare più parte di nessun partito, perché quella forma politica soffoca ogni tipo di intelligenza. La militanza all’interno di un partito non fa emergere il merito delle persone, ma soltanto l’appartenenza a un gruppo di riferimento. Adesso, mi sento in una nuova forma di politica che mette il merito al primo posto. E ci sto bene».
Creando un movimento apartitico sta rinnegando il suo passato di sinistra?
«Assolutamente no. Infatti, il mio è un movimento apartitico ma non apolitico». E, come abbiamo detto anche agli elettori, “non ci interessa da dove venite, ma dove andremo insieme”».
Quanto conta essere figlio d’arte? È un peso o un valore aggiunto?
«Per quello che riguarda la mia formazione, il fatto di essere cresciuto in un contesto familiare politicamente attivo mi ha insegnato la capacità di comprendere le dinamiche politiche, quindi è stato un valore aggiunto. In ogni caso, ai fini della mia candidatura a sindaco, credo che l’ago della bilancia si fermi sul neutro: non penso né che mi favorirà né che mi penalizzerà».
Nelle sue liste ci sono quasi tutti ragazzi alla prima esperienza elettorale. Non crede possa essere un’arma a doppio taglio?
«Giovani ma competenti. Questo è stato il nostro metodo di selezione. Abbiamo scelto persone che non mancassero di un requisito fondamentale: l’autonomia di pensiero. Inoltre, ho sempre detto che avrei accolto volentieri persone meno giovani ma comunque competenti, mentre è stato chiaro fin da subito che non ci sarebbe stato largo per giovani incompetenti».
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