Eduardo, Servillo e le “voci d’Europa” a Palermo

di Gabriele Bonafede

Spesso, un capolavoro teatrale può dirsi tale se riesce a fotografare la realtà di oggi, anche se è stato scritto settanta anni prima. Se contiene quella componente visionaria che non solo anticipa il futuro, ma che descrive l’umanità e i suoi corsi e ricorsi storici in una dimensione quasi atemporale: sempre valida.

Le voci di dentro di Eeduardo De Filippo, regia di Toni Servillo. Foto Fabio Esposito

Tra tutti i capolavori di Eduardo, “Le voci di dentro” è senz’altro il più visionario, il più “atemporale”, la commedia-amara sempre attuale nel sondare errori e distorte relazioni familiari come internazionali, oggi come ieri. Servillo porta questa commedia, questo capolavoro, a Palermo nel momento in cui le voci d’Europa, le voci d’Italia, le voci della stessa Palermo, sembrano perfettamente uguali a quelle voci di dentro esposte senza sconti nelle vicende della famiglia Cimmaruta.

Eduardo scrisse questa commedia nel 1948, quando l’Europa cercava di ricostruire se stessa innanzitutto nella fiducia reciproca tra le nazioni e tra gli individui, orfani di civiltà come di senso della famiglia. Il microcosmo della famiglia eduardiana è qui ripetibile e traducibile in qualsiasi famiglia, in qualsiasi relazione tra gli europei di allora e in ogni luogo d’Europa: appena usciti dalle tragedie immense della prima metà del XX secolo e alla ricerca di una pace interiore prima ancora che esteriore. Quella pace alla quale il documento, il patto firmato tra le nazioni e tra gli individui, tra gli stessi fratelli o vicini,  non può essere che superfluo, perché sempre negabile, sempre stracciabile: il muto capirsi, il silenzio della mitezza, la comprensione senza patti scritti valgono molto di più.

Servillo estende, magnifica questo aspetto, nella sua rappresentazione di ieri al Biondo di Palermo, con quelle pause cercate e con quel finale silenzioso dove sembra esserci  tutta la ricerca innovativa rispetto al testo originario: stiamo in silenzio oggi e dobbiamo imparare, ri-imparare a capire noi stessi e a capirci.

Oggi come allora, la sfiducia tra nazioni, popoli, fratelli e cugini della stessa famiglia, rischia di venir meno. La famiglia europea, la famiglia dell’uomo, è in crisi profonda. Ci si accusa l’un l’altro di crimini non commessi. Si cerca il capro-espiatorio, sia esso “l’Euro” o il “vicino di casa”. Mentre tragedie simili a quelle del secolo scorso fanno capolino negli orizzonti orientali del continente europeo e mediterraneo, e mandano riverberi di sedie rotte sotto forma di vite allo stremo in cerca di una casa e una vita civile, la nostra pace interiore si rompe. Ci troviamo anche noi a metà del guado, tra realtà e visioni d’orrore.

Ci troviamo come i personaggi di Eduardo ieri e Servillo oggi, ad ascoltare le nostre voci, i nostri incubi, senza capirne il significato, disorientati, sconvolti, impauriti.

Scritta in soli quattro giorni, la commedia ha un finale dove l’autore sente il bisogno di spiegare, prima a se stesso che al pubblico, la sua stessa visione.  Ed aprire così una via d’uscita, una catarsi, un colloquio reale con se stessi. La regia di Toni Servillo sembra voler sottolineare soprattutto questo aspetto.

Foto Fabio Esposito

Con una scenografia che riassume l’oppressione del dubbio e della sfiducia in un largo muro bianco in prospettiva centrale, vera e propria barriera alla comprensione, Toni Servillo ricostruisce l’anima stessa delle “voce” eduardiana. Propone l’intrico tra incubi, visioni e realtà cambiandone i tempi e le battute laddove serva a dilatare gli spazi di comprensione in panorami ancora più aperti.

Il suo lavoro è facilitato da un cast che interagisce attraverso lo spirito stesso della commedia: come un “fluido del dubbio”, quel fluido concreto dell’acting che solo un grande gruppo di attori è in grado di produrre, anche dove il testo impone evocazioni immateriali sulla fisicità.

E ci porta dritto, dritto, alla visione. Alla richiesta dell’Europa del 2014, come quella del 1914, del 1918, del 1939, del 1945 e del 1948: “I muorti so’ assai. Basta.”

 

Le voci di dentro di Eduardo De Filippo, Regia Toni Servillo, Scene Lino Fiorito Costumi Ortensia De Francesco, Luci Cesare Accetta, Suono Daghi Rondanini, Aiuto regia Costanza Boccardi

Personaggi e Interpreti: Maria, cameriera Chiara Baffi, Rosa Betti Pedrazzi, Michele, portiere Marcello Romolo, Alberto Saporito Toni Servillo, Carlo, suo fratello Peppe Servillo, Pasquale Cimmaruta Gigio Morra, Matilde, sua moglie Lucia Mandarini, Luigi, loro figlio Vincenzo Nemolato, Elvira, loro figlia Marianna Robustelli, Un brigadiere Antonello Cossia, Zi’ Nicola Daghi Rondanini, Capa d’Angelo Rocco Giordano, Teresa Amitrano Maria Angela Robustelli, Aniello Amitrano Francesco Paglino.

Produzione Teatri Uniti / Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa / Teatro di Roma

Gabriele Bonafede

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