L’omicidio al faro Biscari porta a galla una realtà di degrado che, lungi dall’esser circoscritta nell’area alle spalle del quartiere Zia Lisa, si estende su tutta la città di Catania. Dai portici della centralissima piazza della Repubblica, passando per il Corso Sicilia – il cuore economico della Milano del Sud – e per il Corso Martiri della Libertà, fino ad arrivare alle panchine di piazza Verga, davanti al Tribunale etneo e alla caserma centrale dell’Arma. Una condizione, quella dei senzatetto, che non riguarda soltanto i cittadini extracomunitari ma che oggi coinvolge anche molte famiglie catanesi colpite dalla crisi. A raccontarlo a MeridioNews è Giuseppe Rapisarda, avvocato di strada che si occupa dei problemi legali dei clochard: «Quella delle persone senza fissa dimora è una condizione molto particolare. Alcuni la scelgono come stile di vita, altri invece ci finiscono per motivi economici. Tra questi, molti catanesi che si rivolgono a noi perché rischiano di perdere la casa dopo lo sfratto».
Italiani, cittadini comunitari e non ma anche molti nomadi che cercano alloggi di fortuna, occupando edifici abbandonati – come il gruppo che secondo la polizia si trovava nell’edificio di via Acquicella Porto – o, più spesso, costruendo baracche in luoghi nascosti o difficilmente accessibili. «La strada che porta al mercato di San Giuseppe La Rena – spiega Alfio Pappalardo, responsabile dell’unità di strada della Caritas – è uno dei luoghi classici in cui si raggruppano molti senza tetto. Tra questi ci sono anche rom che proprio lì hanno creato un piccolo accampamento. Noi li conosciamo bene perché ogni mattina e ogni sera vengono a mangiare presso il nostro help center di viale Africa».
Ma accanto a quelli che ormai da anni sono diventati centri di aggregazione, esistono diverse realtà, difficilmente individuabili, che vengono utilizzate come dimora temporanea in base al periodo dell’anno. «Oggi è diventato molto semplice scivolare nella povertà – commenta l’avvocato Rapisarda – e noi proviamo a dare una mano come possiamo. Ricordo ancora quando una famiglia di rom, con una bimba che aveva bisogno di stare al caldo, si è rivolta a noi durante una brutta giornata d’inverno. Abbiamo trovato qualcosa per un paio di giorni ma il problema è che nessuna struttura accoglie persone a tempo indeterminato». Esiste inoltre il problema dei dormitori, luoghi dove la convivenza non è sempre facile: «Non tutti si adattano facilmente e alcuni preferiscono dormire da soli per strada», conclude Rapisarda.
Per strada, i portici sono i luoghi di maggiore aggregazione, grazie alla possibilità di ripararsi dalla pioggia. Tra questi, secondo la Caritas, via Giacomo Leopardi, vicino la Piaggio e via Reclusorio del Lume dove si trova l’istituto d’arte, «sono i più frequentati». Non solo le periferie, dunque, ma i luoghi del centro sono colpiti da quello che oggi sembra assumere i connotati di un vero e proprio fenomeno sociale. Un problema che però – denuncia Alfonso Di Stefano della rete antirazzista catanese – viene affrontato «solo da un punto di vista di repressione».
«Quando purtroppo avvengono casi come quello del faro Biscari l’unica cosa che fanno le istituzioni è ripulire la zona, come è già successo a Vulcania l’anno scorso quando un cittadino marocchino ha ucciso un cittadino polacco. Ma è un cane che si morde la coda perché, una volta cacciate, queste persone cercano riparo in altri luoghi». La rete antirazzista l’anno scorso, dopo l’incendio dei locali occupati di viale Africa, ha proposto al Comune di aprire i depositi abbandonati delle Ferrovie dello Stato ai senza fissa dimora. «Per attuare la nostra idea Ferrovie ha bisogno di una richiesta formale del Comune, ma da Palazzo degli Elefanti non è arrivata alcuna risposta».
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