Ebola, il medico catanese risponde bene alle cure Sottoposto a un trattamento sperimentale

È «autonomo e si sente bene compatibilmente con lo stato febbrile che presenta. Psicologicamente è una persona forte». Così Nicola Petrosillo, uno degli esperti dell’ospedale romano Spallanzani, descrive il medico catanese contagiato dall’ebola mentre prestava servizio volontario nel centro di Emergency a Lakkra, in Sierra Leone e che da ieri si trova ricoverato in isolamento. Un ritratto, quello dello specialista in infettivologia che lavora all’ospedale Umberto I di Enna confermato anche dal quotidiano La Repubblica. «Allora, voi come state? E i miei pazienti? Come stanno oggi?», ha chiesto a un amico e collega. «Mi fa male un po’ la schiena. Sai, dieci ore su quella barella, prima in ambulanza, poi in aereo, non è proprio il massimo. È davvero una posizione scomoda», ha scherzato. 

Le condizioni del medico siciliano sono definite stabili e nonostante la febbre a 38.5 gradi, «non presenta nuovi sintomi caratteristici della malattia, in particolare non ha segni emorragici», rassicurano i medici dello Spallanzani diramando il bollettino medico. Il volontario di Emergency è sottoposto a un trattamento sperimentale. Una cura al momento ben tollerata, con un medicinale «ottenuto con una procedura speciale per l’importazione dei farmaci non registrati. La stessa procedura continuerà a garantire l’approvvigionamento del farmaco fino al completamento del ciclo terapeutico». Sotto controllo tutte le funzionalità, «cardiaca, epatica e renale per identificare precocemente l’eventuale comparsa di effetti avversi al trattamento». Come afferma Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’istituto Spallanzani, il trattamento durerà «fino a due settimane a seconda delle condizioni del paziente stesso».

Per garantire «la maggiore tranquillità degli operatori, nonché la sicurezza nella gestione del paziente» la struttura dove si trova ricoverato «ha destinato una task force di personale particolarmente esperto esclusivamente all’assistenza del paziente infetto». Una scelta fatta «anche per ridurre l’impatto psicologico relativo a questo compito, ma non in relazione ad un rischio maggiore», sottolinea Ippolito. A seguire il medico etneo sono in tutto 30 persone sottoposte a rigide procedure di sicurezza. «Non ci sono limiti o raccomandazioni particolari, a meno di incidenti che ovviamente auspichiamo non si verifichino», prosegue Giuseppe Ippolito. «Vi è il massimo livello di attenzione». 

Redazione

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