‘E’ un sabato qualunque, è un sabato italiano’

Un nuovo sabato semi-estivo quello di questo esordio di Giugno. ‘Semi’ perché erano almeno trent’anni che, a ridosso della bella stagione, un’aria così fredda e insidiosa non si divertiva a pizzicare le guance dei protagonisti dei nostri giornali, non quelli che li “fanno”, ma piuttosto quelli che si ritrovano a “popolarli”.

3 giugno, tempo di altalene e di chiacchiericcio politico: Bertinotti come se la guardava e riguardava la bandierina della pace infilzata al bavero della sua giacca, mentre l’intero esercito italiano vestito a festa marciava sotto al palco presidenziale? C’erano proprio tutti i Presidenti: Napolitano – ovviamente – Prodi, Berlusconi, Marini, Bertinotti e Andreotti. La spilla del presidente della Camera era un po’ come la fascia di capitano per un capitano costretto alla squalifica, nel giorno in cui la sua squadra, a Castel Sant’Angelo, si giocava la prima delle partite dei play off: quelli della credibilità dei movimenti, quelli della supposta istituzionalizzazione delle piazze, quelli dell’(im)possibile avvicinamento del parlamento alle masse (la montagna non va da Maometto). E allora ci ha pensato Prodi, pompiere di talento, rete elastica per i trapezisti, maglioncino confortevole appena confezionato dalla nonna, a rendere la pillola più dolce con il cucchiaino ‘passato’ di miele: vince lui il premio di definizione del mese con: “2 Giugno, parata pacifista”.

Il Presidente del consiglio è risultato poco credibile – forse, ma molto molto scaltro. Di un’astuzia, peraltro, poco masticata dai suoi figliuol-ministri che di fronte alle telecamere, ai giornalisti dalla lingua biforcuta. Di fronte a un’opposizione concentrata su i due fronti del conteggio infinito e della lamentela preventiva. Di fronte a una traballante unità di governo e di fronte alla necessità di stringere coi denti la stoffa per trattenere il dolore economico; di fronte, insomma, a questo quadro – diciamo così – critico, invece, si fanno tradire dall’effetto reality show/fama improvvisa, e si liberano a considerazioni certamente precipitose e ingenuamente premature.

 

Nel frattempo Galliani non rinuncia al trono della Lega Calcio. Lo scenario che si ha sul fronte di Calciopoli, ad oggi, è quello di una vera e propria caccia all’untore. Ora per la squadra inquirenti di Borrelli è da capire chi è stato affetto dal morbo e chi no. Il Milan – secondo il suo amministratore delegato – è in salvo e non c’è motivo per non credergli se non fosse per un’inquietante considerazione:

Sembra davvero difficile da pensare che quella “poltrona per 2”, negli ultimi quindici anni occupata dai colori bianco e rosso neri – per meriti calcistici, certo, ma anche, è fuor di dubbio, economici – sia stata imbrattata solo dal sudore indecoroso della triade torinese. Così come indecorosi sono i fischi rivolti a chi le partite le ha giocate per davvero: i giocatori juventini. A loro che hanno sudato in allenamento, che hanno perso e vinto partite, stupito per una bellezza calcistica riconosciuta da tutti, andrebbe riservato un trattamento migliore e soprattutto, andrebbe fatta un’irrinunciabile giustizia: non essere mescolati, dal pubblico e dalla stampa, ai signori in giacca e valigetta che il calcio spesso non l’hanno mai giocato e che, ancora più spesso – anzi sempre – non l’hanno mai amato.

 

E mentre Cuffaro ringhia sull’osso dei fondi della regione per la sanità e Mastella canta “‘O sole mio” in visita a Regina Coeli, il mondiale sta per arrivare con tanta voglia di sole, mare e – per una volta – di normalità.

Riccardo Marra

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