È morto Valentino Parlato, fondatore de Il Manifesto Tra origini favaresi, Libia e rischio di restare in Sicilia

«Sarei finito a fare l’avvocaticchio per una compagnia d’assicurazione ad Agrigento, a Catania. Un incubo». È uno dei ricordi di Valentino Parlato, giornalista e storico militante del Pci, morto oggi all’età di 86 anni. A dare la notizia del decesso è stato il quotidiano Il Manifesto, di cui Parlato è stato uno dei fondatori. «Comunista per tutta la vita, ha militato nel Pci fino alla radiazione, lavorato a Rinascita, fondato e difeso il manifesto in tutta la sua lunga storia. Per ora ci fermiamo qui, abbracciando forte la sua splendida famiglia e tutti i compagni che, come noi, l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene», si legge sul sito della testata.

A raccogliere le parole di Parlato – nato a Tripoli, in Libia, il 7 febbraio 1931 – è stato il giornalista e scrittore Giorgio Dell’Arti che ne ha curato una breve biografia. «Famiglia siciliana, di Favara, nell’Agrigentino – scrive Dell’Arti -. Il padre funzionario del fisco fu mandato in Libia a tener di conto. Iscritto al Partito comunista libico, nel 1951 fu espulso dal Protettorato britannico: “Ero studente in Legge: se fossi sfuggito a questa prima ondata sarei diventato un avvocato tripolino e quando Gheddafi m’avrebbe cacciato, nel 1979, insieme a tutti gli altri, mi sarei ritrovato in Italia, a quasi cinquant’anni, senz’arte né parte. Sarei finito – ammise Parlato – a fare l’avvocaticchio per una compagnia d’assicurazione ad Agrigento, a Catania. Un incubo. L’ho veramente scampata bella”».

Giunto in Italia, Parlato si iscrive al Pci: «Lo fa seguendo la destra migliorista di Giorgio Amendola: è “un amendoliano di sinistra” passato alla Realpolitik – ricorda Dell’Arti -. Alle elezioni del 1953 accetta di lavorare per la federazione di Agrigento. Poi, quando gli propongono di restare come funzionario e in prospettiva come futuro candidato al Parlamento, tentenna: è la sua morosa del momento, Clara Valenziano, che sarà sua moglie e da cui avrà due figli, Enrico e Matteo, a schiarirgli le idee. Se resti qui – prosegue la biografia – io ti mollo, gli dice in sostanza». 

Il 1969 per Parlato è l’anno dell’espulsione dal partito e della fondazione – insieme a Luigi Pintor, Aldo Natoli, Luciana Castellina e Ninetta Zandegiacomi – del Manifesto che, due anni dopo diventerà quotidiano e di cui il giornalista diverrà direttore in più di un’occasione. 

Simone Olivelli

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