E-mail da BancoPosta… anzi no, è una truffa


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PosteItaliane Squadra

E-mail, come quella riportata sopra, stanno infestando ormai da qualche mese le caselle di posta di centinaia di migliaia di utenti. Sono messaggi di spam, specchietti per le allodole, che puntano ad allarmare i numerosissimi consumatori in possesso di conti Banco Posta e Postepay con fasulle sospensioni di conto, e spingerli ad inserire il proprio codice personale con l’obiettivo presunto di risolvere il fittizio problema verificatosi.

Per la precisione, questo lesto e moderno tentativo di frode, è chiamato in gergo internettiano “Phishing” che, Wikiepdia alla mano, scopriamo essere un fenomeno di lunga data con episodi che risalgono al 1996 quando, cioè, internet per come lo conosciamo oggi era ancora alle prime armi. Il termine ‘phishing’ è una evidente storpiatura dell’inglese ‘fishing’ e allude, appunto, al tentativo di questi fisher-hacker di far abboccare gli utenti malcapitati con falsi messaggi di pericolo e convincerli a cedere spontaneamente le loro password e i loro codici. Sempre su Wikipedia ecco come viene definito sinteticamente il ‘phishing’:

 

In ambito informatico si definisce ‘phishing’ una tecnica di cracking, ed in particolare di ingegneria sociale, utilizzata per ottenere l’accesso ad informazioni personali e riservate con la finalità del furto di identità mediante l’utilizzo di messaggi di posta elettronica fasulli, oppurtunamente creati per apparire autentici. Grazie a questi messaggi, l’utente è ingannato e portato a rivelare dati sensibili, come numero di conto corrente, nome utente e password, numero di carta di credito ecc..

 

I tentativi di “phishing”, a dir il vero, hanno parecchi difetti. L’uso della lingua italiana, innanzi tutto: il più delle volte, le mail trappola, sono scritte in un italiano sgrammaticato, maccheronico e decisamente inverosimile (vedi quel ‘caro membro’ nell’intestazione). Deve far destare forti dubbi anche l’improbabile insistenza di messaggi, con picchi di anche 4-5 messaggi fotocopia al giorno, ma anche la vaghezza dell’e-mail che non presentano, in nessun caso, i dati fondamentali dell’utente (nome, cognome ecc..).

 

Infine, come ci fa notare il blog di Simone Carletti – redattore di HTML.IT -l’intestazione del ‘falso Banco Posta’ presenta, a inizio parola, una strana lettera maiuscola quando, invece, è risaputo che tutti gli indirizzi internet (e mail) sono formati da lettere esclusivamente minuscole.

 

Nonostante l’amministrazione di Banco Posta abbia inviato ai suoi clienti una mail in cui spiegava che “In nessun caso Poste italiane chiede via e-mail ai suoi correntisti di inviare dati sensibili come password, nome utente o codice dispositivo segreto”, negli ultimi tempi i giornali nazionali hanno parlato di parecchi “phishing” andati a buon fine. Il mare, purtroppo, è pieno di pesci pronti ad abboccare.

 

 

Riccardo Marra

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