‘E ffemmene sò belle – Elucubrazioni dall’Iperuranio Macchiettista

Titolo: ‘E ffemmene sò belle. Autore e
Regia:
Mario Spolidoro. Scene: Daniela Giorbenot,
Romolo Ispiardo, Enrica Rebeck. Costumi: Antonello De Rosa,
Beltonio Gardenia. Audio: Gilberto Anodina, Raffaele Vitale.
Luci: Paolo Mordiriso. Interpreti: Mario
Spolidoro, Gabriele D’Antonio. Produzione:  La buona
Compagnia.
        
 

Nell’accogliente saletta di via Gulli torna il duo salernitano
che già lo scorso anno ha trovato molti consensi grazie ad una comicità genuina.
Protagonisti sono l’umorismo e una piacevole musica dal vivo. E il talento degli
interpreti: un geniale Mario Spolidoro, anche autore dei testi e della regia, ed
un simpatico Gabriele D’Antonio, degno assistente.

Il palco del Canovaccio per l’occasione si trasforma in una spiaggetta
campana. Lo scenario è illuminato di rosso come il caldo afoso d’agosto, il bar
raffigura la sagoma di una donna e nasconde un piano da cui il musicista
D’Antonio intonerà tutte le musiche che sono parte integrante dello show. È il
fuoco della macchietta, della canzone arguta comica e divertente, ma mai
volgare; una collana di canzoni del Cafè Chantant-Varietè-Avanspettacolo con un
trait d’union di riflessioni di varia umanità in dialetto (dalla celeberrima
“Pansé” a “Laggiù sul Nilo blu”, “Creola”, “Ciccio Pasticcio” e “Ti darò quel
fior dallo strano odor” per citarne alcune). In primo piano due uomini: uno in
costume e l’altro in divisa da barman. Il primo è Mario Spolidoro che, con
l’ausilio di una serie di cappelli e un pizzico di fantasia, ricrea tante
diverse possibili situazioni da tresca con le ffemmene del titolo, l’altro è la
sua spalla, per l’appunto Gabriele D’Antonio che gli dà letteralmente il la e
pende dalle labbra del compare, apparentemente più navigato.

Sono due amici trentacinquenni, “ragazzi interessanti e di
compagnia” (come i cani!– aggiungono), che nel mezzo del cammin di
lor vita
in una assolata giornata estiva si ritrovano a raccontarsi e a
fantasticare sull’universo femminile. Passano così in rassegna tutte le
tipologie di donna, costantemente al centro dei loro pensieri, ma che non
riescono a ben capire nè avere. Il loro problema è forse che sono troppo
leggeri, perché “per acchiappare bisogna essere tristi e impegnati!”.
Si chiedono: “Come si fa ad avere successo?” “Sparando cazzate
credendoci
”… come in politica! E con una buona “retorica amatoria”. Nel
secondo tempo, più pepato, i due comici alternano momenti di frugale comicità a
pillole di saggezza. Dal consigliare l’amido quale miglior rimedio contro il
“collo” moscio (altro che viagra!) alla conclusione che “la sofferenza la
senti dentro come un cazzotto però ha il suo fascino ed è parte integrante della
vita”.

“La vita è uno spettacolo che si sa quando comincia, ma non si sa quando
finisce”.
Questa nota d’autore esprime appieno anche la sua filosofia, che
in quanto contemporaneamente regista, mette in scena uno spaccato di vita, nel
contesto di un’estate salernitana, che però acquisisce lo status di assolutezza.
Egli porta uno squarcio della vivace Campania e del focoso Vesuvio in un
palcoscenico siciliano ma lo scambio di battute tra i due protagonisti potrebbe
avvenire ovunque e comunque. Rimarrebbe invariata la forza dell’umorismo che
riesce a sprigionare. E che arriva e colpisce un pubblico appassionatamente
coinvolto e divertito.

Un plauso, dunque, al duo salernitano che ha stampato qualche sorriso in un
ordinario fine settimana catanese e un’ovazione a loro, le protagoniste di
questo momento di cabaret, ma anche motore della vita di ogni uomo: ‘e ffemmene,
che come ha decantato anche Vincenzo Salemme, altro artista campano “so’
comme è stelle, si te pierde l’he ‘a guardà, ce ne stanno a mille a mille,
peccerelle, so’ scintille”.

Benedetta Motta

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