«Palermo è la città dove oggi vivo e dove sono arrivata da studentessa. L’ho scoperta a poco a poco perdendomici, non ho un grande senso dell’orientamento. I primi anni finivo per imbattermi in posti nuovi solo perché non trovavo più la via di casa». Se oggi Elisa Chillura è una giornalista lo deve anche a quegli errabondi anni universitari. Originaria di Santo Stefano Quisquina, ha appena pubblicato un libro per Newton Compton editori, dal titolo che è tutto un programma: È facile vivere a Palermo se sai cosa fare. Il sottotitolo poi è ancora più esplicativo: una guida insolita per godersi tutto il meglio della città. E perché mai il capoluogo siciliano continua a essere raccontato da chi è nato altrove, e qui prima o poi finisce per lasciarci un pezzo di cuore, Elisa lo spiega col proprio esempio.
«Siccome dei Sicani mi portavo principalmente dietro il peso delle solitudini pastorali – dice la giovane giornalista – a Palermo ho volutamente cercato i rumori, prendendo casa in centro storico, immergendomi quotidianamente in questa specie di caos di significati. La passione per le passeggiate e le esplorazioni urbane hanno fatto il resto, petra smossa nun pigglia lippu dice un detto. Se sei una persona curiosa e sai anche fermarti ad osservare, la città si lascia scoprire da sola e il più delle volte ti mette sotto il naso pure le persone giuste, passate da lì al momento giusto, che ti sanno raccontare quello che i cortili da soli non sanno dire». Negli anni Elisa esplora, accumula aneddoti, colleziona informazioni e scopre curiosità sulla città.
Quando le propongono di mettere fuori questa marea di ricordi e sensazioni è un attimo. «La guida è una sorta di vagabonding tour – spiega ancora Chillura – non una mappatura dei tesori della città, per quello esistono guide molto più complete e didascaliche. Dentro ci sono diversi modi di esplorare uno spazio: viaggiando per esempio lungo le memorie dal sottosuolo attraverso ambienti sotterranei come i mikveh, gli antichi bagni ebraici, o i nuovi esperimenti per godere dell’esperienza di una visita nelle catacombe, come i concerti all’interno di Porta d’Ossuna. C’è il nuovo patto con il mare negato e poi restituito alla città attraverso la riqualificazione delle spiagge e poi tutti i luoghi dove godere dei panorami dall’alto o gli itinerari alla scoperta degli alberi più belli e curiosi. Ci sono piccole leggende note e meno note e poi c’è la Palermo che amo di più: un’isola plurale, come la chiamava Bufalino, che è il frutto delle stratificazioni culturali. C’è lo sguardo su realtà che in genere non sono riportate dalle guide che accompagnano le partenze dei turisti: le periferie e i luoghi marginali resi vivi e fruibili grazie agli interventi di tantissime associazioni».
Ogni luogo, rito e suggestione è poi accompagnata da un suggerimento musicale di Simone Giuffrida. E se Palermo è in continuo divenire, e l’ultima trasformazione in tal senso (o almeno il tentativo) è quello di un approdo turistico in chiave soprattutto storico culturale, ci sono aspetti che Elisa non è riuscita a inserire o a cogliere? «Mancano ovviamente tantissime cose e a molte di queste tra l’altro ci sono pure affezionata. Penso all’infinità di oratori presenti a Palermo, pieni di stucchi e di luce abbagliante. Meriterebbero un trattato a parte».
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