E adesso credeteci tutti / II parte

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Siete stati invitati a molte trasmissioni, Repubblica.it vi ha dato spazio per il vostro blog, avete avuto i riflettori addosso per molti giorni. Adesso che tutto questo è finito, voi cosa pensate di fare?
È vero, siamo passati da un clima pieno di riflettori, che illuminavano a giorno anche di notte, ad avere una piccola candela, che è la rete che stiamo costruendo. Una rete che parte dal basso e che, grazie all’ aiuto di altre organizzazioni che già operano sul territorio, sta cercando di costruire qualcosa che vuole far parlare ancora della Calabria e di mafia almeno una volta al mese.

Cioè?
Mi spiego meglio: adesso Locri si sta abituando a quanto è successo, sta tornado alla vita normale. Ma noi abbiamo colto l’invito che ci ha rivolto Don Ciotti quando ci ha detto “ragazzi ora vi lasceranno soli e voi dovete riflettere su cosa fare”. E allora noi abbiamo pensato di metterci in movimento ed promuovere delle iniziative ogni mese, fare in modo che si parli sempre della Calabria, in modo che i giornalisti siano “costretti” a venire qui e a parlare di noi.

Io ho avuto la sensazione che voi abbiate sempre avuto coscienza che queste luci si sarebbero spente presto. È un cosa che emersa sin dai primi post del vostro blog… un segno di grande maturità.
Io sono appassionato di giornalismo, guardo i tg e leggo molto. Noi sapevamo che non sarebbe durato molto. Siamo riusciti a far parlare di noi per 20 giorni, poi giorno 4 erano già tutti pronti  a smontare le baracche.
Adesso provvederemo noi a far tornare i giornalisti! Anche perché abbiamo avuto che quando qui c’erano i media si respirava un aria diversa, più libera. Adesso tutto è tornato alla normalità. E la paura sta avendo la meglio anche tra i  ragazzi che sono scesi in strada a manifestare con coraggio. C’è chi è impegnato in elezioni studentesche, chi si è iscritto a un partito ecc… ma c’è anche chi invece adesso rimane a casa.

Che cosa avete in programma?
Stiamo organizzando una fiaccolata per il 16 dicembre, organizzata da noi. Stiamo lavorando per una grande manifestazione a Roma da fare a gennaio. Sullo stile del tipo primo maggio, con artisti e personaggi del mondo dello spettacolo. Dobbiamo farla per forza a Roma perché Locri purtroppo non è servita. Raggiungerla è difficile e non ha nemmeno la capacità ricettiva di accogliere migliaia di persone….

Hai scritto qualche giorno fa nel vostro sito che “Franco è stato ucciso due volte”. Prima dalla ‘ndrangheta poi dai media. Che vuoi dire?
Che io non compro più il Corriere della sera. Il signor Gian Antonio Stella & co. hanno davvero infangato la Calabria. Chi conosceva Fortugno sa benissimo che non era legato a nessuna famiglia mafiosa. C’erano dei giochi elettorali all’inizio per non farlo eleggere e lui invece ce l’ha fatta comunque. Questo vuol dire che lui è andato contro chi gli tramava contro. E allora mi chiedo: che senso ha scrivere che lui aveva legami con questa o quella famiglia mafiosa? Così lo stanno ammazzando di nuovo. Il dovere di cronaca non è il diritto di diffamazione.
Ma lui è ancora vivo in noi che stiamo riuscendo a far convogliare in una stessa direzione qualche centinaia di giovani e meno giovani di tutta Italia. Si sta formando una corrente spirituale e territoriale che non ha nemmeno un’età precisa. C’è gente che ci sta mettendo il cuore!

Qual era il tuo rapporto con Franco Fortugno. Lo conoscevi personalmente?
Si. Praticamente mi aveva accolto sotto la sua ala protettiva. Io ho sempre fatto politica però non sono mai stato interessato alla politica partitica. Poi mi sono unito ad un gruppo di ragazzi che facevano riferimento a lui. E ho accettato di iscrivermi alla Margherita. Era un simbolo: quando si dice che non è la politica che fa l’uomo ma l’uomo che fa la politica… A lui piaceva stare con i ragazzi ed noi lo stimavamo. Era sempre disponibile, qualsiasi cosa organizzassimo. Se io sono in politica lo devo a lui. Io adesso mi impegnerò. 
E’ morto per la politica, noi lo sappiamo. La sua morte è un messaggio al presidente Loiero. La sua carica era rappresentativa, non aveva incarichi amministrativi né assessorati, non aveva poteri all’interno della giunta regionale.

I rapporti con la sua famiglia? i suoi figli sono tuoi coetanei…
Giovanissimi. Il figlio grande ha 22 anni, la figlia 18. Ci seguono nel nostro lavoro e personalmente abbiamo contatti quotidiani. Giuseppe poi è un tipo di poche parole e oggi sente tanto la responsabilità.

Facciamo un salto nel futuro: come vedi te e gli altri ragazzi della Locride tra dieci anni?
Io tra dieci anni mi vedo avvocato. Un avvocato che vive e lavora in Calabria, che non accetta compromessi con la mafia. Sarò forse il contrario degli avvocati calabresi, perché qui i migliori sono quelli che riescono a tirar fuori di galera i mafiosi. Io voglio fare il contrario! Gli altri invece li vedo medici, insegnanti, operai, sindaci, consiglieri…

E li vedi ancora onesti e convinti come adesso…
Lo ripeto, io credo molto nella nostra generazione. Siamo i figli di chi ha fatto il sessantotto. I nostri genitori vivono queste nostre esperienze quasi con partecipazione. E anche se la realtà di oggi è che le migliori intelligenze se ne vanno, e le migliori deficienze restano… ci sarà una Calabria molto diversa. Ci sono ancora molte pagine da scrivere e le scriveremo noi.

Cosa vuoi dire ai giovani Siciliani?
Un’altra giornalista mi ha fattola stessa domanda. Solo che quel messaggio era indirizzato ai giovani abruzzesi. Quindi si trattava di provare a farli mettere nei nostri panni, in una terra che ha altre regole rispetto a quelli che si è abituati a pensare…
Parlare ad un siciliano è diverso. Conosco abbastanza bene la Sicilia (ho anche parenti a Catania). Ai ragazzi siciliani dico di sostenere sempre chi giorno dopo giorno si impegna nella lotta alla mafia e di scendere in piazza per lottare con loro.

Silvia Lo Re

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