Duplice omicidio Piana, l’esame dell’unico sopravvissuto «Ha confermato che era presente una terza persona»

È durato poco più di cinque ore, dalle 9.30 alle 14.30 circa (con due brevi pause), l’incidente probatorio sul duplice omicidio avvenuto la notte tra il 9 e il 10 febbraio in contrada Xirumi, nella zona della Piana a cavallo tra le province di Catania e Siracusa. Davanti al giudice è stato Gregorio Signorelli, l’unico dei tre sopravvissuti. «Era molto provato e sofferente anche per i gravi problemi che si porta dietro da quando è rimasto ferito nell’agguato», dice a MeridioNews l’avvocata Paola Lopresti che assiste Signorelli, oggi ascoltato come indagato di procedimento collegato, ovvero per il tentativo di furto delle arance la notte in cui hanno perso la vita il 47enne Massimo Casella e il 18enne – figlio della sua compagna – Agatino Saraniti

Presente nell’aula del gup del tribunale di Siracusa solo uno dei due indagati: il 70enne pensionato Luciano Giammellaro che continua a dichiararsi innocente. Assente, invece, il custode di 42 anni Giuseppe Sallemi che, dopo essere stato arrestato, ha confessato di avere agito da solo e per legittima difesa. Una tesi che, però, sarebbe stata smontata dai risultati dell’autopsia che hanno fatto emergere spari alle spalle e un colpo a bruciapelo sullo stomaco del 18enne.

Al momento, entrambi restano in carcere. L’incidente probatorio è iniziato con l’esame del pubblico ministero che è durato circa tre quarti d’ora; poi, dopo qualche battuta a precisazione dei difensori delle persone offese, ci sono state le domande dei legai degli imputati: tre ore solo per quelle dell’avvocato Davide Giugno che difende Giammellaro.

«Signorelli ha ribadito la ricostruzione già emersa durante il sopralluogo – spiega l’avvocata Lopresti – confermando posti e movimenti. Le domande si sono concentrate soprattutto sulle discordanze rispetto al racconto fatto nell’immediatezza. Sul luogo il ricordo era più vivo». L’orario che il sopravvissuto è stato in grado di indicare con precisione è quello dell’agguato: tra mezzanotte e mezzanotte e mezza. In quanto tempo si sia svolto tutto il resto rimane ancora poco chiaro. «Il mio assistito ha confermato di avere riconosciuto con certezza Giammellaro e ha anche ribadito la presenza di una terza persona che avrebbe assisto ai primi momenti dell’azione ma sarebbe poi andata via senza prenderne parte». Una dinamica dei fatti che Signorelli, da un letto dell’ospedale Garibaldi di Catania, aveva ricostruito parlando con MeridioNews.

Altro aspetto da chiarire sono i rapporti e i contatti tra le vittime e gli indagati. «Signorelli ha confermato – aggiunge la legale – di non averne avuti con nessuno dei due, pur conoscendoli di vista. Sapeva che la guardiania di quella vasta area di terreni era affidata a Giuseppe Sallemi». Stando a quanto ricostruito dall’unico sopravvissuto, insomma, non ci sarebbe stato nessun accordo o, almeno, lui non ne sarebbe stato a conoscenza. «Quando sono scesi dal furgoncino – sottolinea Lopresti – ha raccontato che erano tranquilli. Li hanno visti ma hanno pensato che, al massimo, avrebbero potuto avere una discussione» Poi, però, hanno visto che i guardiani erano armati. Mentre loro no. «Luciano, perché questo fucile?», avrebbe detto Massimo Casella in dialetto rivolgendosi a Giammellaro. Le indagini non sono ancora chiuse e si attende il deposito di una parte importante di intercettazioni ambientali.

Marta Silvestre

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