Inizierà ad aprile il processo contro Adele Velardo, accusata di omicidio volontario premeditato nei confronti di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela. Le vittime furono freddate a colpi di pistola in via Falsomiele, nella zona di Villagrazia di Palermo, il 3 marzo scorso. A pochi giorni dall’agguato, la donna è finita nel vortice delle indagini condotte dal pm Claudio Camilleri insieme al marito Carlo Gregoli, la cui posizione è stata stralciata in seguito al suo suicidio al Pagliarelli il 28 giugno. Oggi si è tenuta l’udienza preliminare. «Non abbiamo scelto riti alternativi, quindi la signora andrà al dibattimento di fronte alla Corte d’assise di Palermo», dice a MeridioNews l’avvocato Paolo Grillo, legale della donna insieme all’avvocato Marco Clementi.
«Sia la signora che il marito si sono sempre professati estranei ai fatti, l’ho precisato oggi in aula e lo farò anche al dibattimento, è l’argomento principale di tutta la nostra difesa – spiega Grillo – Noi faremo il processo anche, per non dire soprattutto, in difesa di Carlo Gregoli, che si è suicidato in carcere e che ovviamente non può essere processato». In seguito alla morte del marito, alla donna, colpita da una forte depressione, sono stati concessi i domiciliari. «Non abbiamo avanzato delle ricostruzioni alternative, noi sosteniamo l’assoluta innocenza dei due signori – conclude il legale – Poi, quali siano le piste da seguire dovranno vederlo polizia e magistrati, non spetta a noi».
Per il duplice omicidio la prima ipotesi vagliata era stata quella della pista mafiosa. Ad accreditarla erano state le brutali modalità dell’agguato e il fatto che una delle due vittime, Bontà, fosse il genero del noto capomafia Giovanni Bontade. I due coniugi si ritrovarono coinvolti nelle indagini a causa delle immagini di una telecamera della zona, che li piazzava nei pressi del luogo del delitto immediatamente prima e immediatamente dopo il fatto. Oltre alle dichiarazioni di un automobilista di passaggio, inconsapevole testimone oculare. Ad aggravare la loro posizione è stato anche il ritrovamento del dna di Gregoli su un bossolo rivenuto sulla scena del crimine. Tuttavia, la coppia si è sempre professata innocente. Resta poco chiaro anche il movente: gli inquirenti hanno ipotizzato che ad armare la mano dei coniugi sarebbe stato un presunto furto d’acqua o questioni legate ai confini di un terreno.
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