Duplice omicidio Falsomiele, sentiti agenti Mobile Ricostruita dinamica di perquisizioni e sequestri

Continuano a darsi il cambio sul banco dei testimoni gli agenti della Mobile citati dall’accusa nel processo a carico di Adele Velardo. Sulla donna pesa l’accusa di aver ucciso il 3 marzo 2016 in via Falsomiele Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, freddati in strada con dei colpi di pistola. La donna è finita subito nel mirino degli investigatori, indagata il giorno stesso per il duplice omicidio insieme al marito Carlo Gregoli, morto suicida a giugno scorso nel carcere Pagliarelli, dove era detenuto. Oggetto delle testimonianze di questa mattina sono state le perquisizioni effettuate il giorno dell’omicidio nella villetta dei due coniugi e nel garage sottostante, e il materiale sequestrato. «La perquisizione principale è stata quella all’interno della Toyota Cruiser, l’auto usata da chi aveva sparato. Pensavamo fosse coinvolta nel delitto, perché era stata segnalata ed era stata vista nella zona attigua alla loro abitazione», spiega Giovanni Drago, all’epoca ispettore superiore della Mobile di Palermo.

La perquisizione della vettura avviene il giorno stesso dell’omicidio, intorno alle 19. L’auto viene trovata chiusa, all’interno di un garage adibito a deposito, dove la famiglia aveva conservato anche delle cassette e altri oggetti. Per evitare contaminazioni gli agenti allertano il personale della polizia scientifica, che aprono l’auto e la esaminano. All’interno trovano e sequestrano due guanti di colore nero. «È stata repertata anche una sostanza ematica», riferisce l’agente. Alla perquisizione assiste solo una delle figlie dei coniugi, che osserva con attenzione le mosse degli agenti. «Personalmente non ho assistito a nulla, non ho visto coi miei occhi gli agenti della scientifica estrarre i guanti, né so dire dove esattamente sia stata ritrovata la sostanza ematica e non ho effettuato nessun accertamento sui bossoli», precisa infine Drago. Più ricca di particolari è, invece, la testimonianza del maresciallo Angelo Romeo, sovrintendente capo della Mobile: «Sono arrivato sul luogo del delitto e ho fatto subito degli accertamenti per rintracciare eventuali testimoni oculari o persone che avessero sentito qualcosa di strano». Rintraccia una famiglia che abita nella stessa via del duplice omicidio: la figlia minore sente il fragore degli spari mentre sta studiando nella sua stanza.

«Ho partecipato alla perquisizione generale di tutta la villa, eravamo circa una decina di persone – dice Romeo – Ho sequestrato alcuni indumenti. Nelle immagini visionate si vedevano all’interno della Toyota Cruiser due persone vestite di colore scure, per questo abbiamo cercato in maniera mirata indumenti di colore scuro. Ho sequestrato anche gli stivaletti di colore marrone della signora Velardo perché ho presunto che avesse potuto calzarle, ma non si vedevano i piedi nelle riprese». In casa vengono ritrovate anche alcune armi da sparo, armi bianche e munizioni di tre marche diverse conservate in una stanza adibita appositamente. «Non ho preso parte alla perquisizione nel luogo dove poi sono state ritrovate le armi, ho solo redatto il verbale», precisa. Vengono sequestrate una pistola semiautomatica, caricatori e confezioni di cartucce in pacchi interi da 50 e in pacchi già aperti, tutte 9×21. Mentre la scientifica reperta un’altra pistola semiautomatica grigia e nera con due caricatori, uno vuoto e uno con 15 colpi, e un’altra semiautomatica con due caricatori pieni da 16 colpi l’uno.

«Mi sono occupato anche delle intercettazioni nella sala colloqui del Pagliarelli, ascoltando le conversazioni che avvenivano fra i coniugi e le figlie – conclude – Ricordo che sono stati sempre negativi nei confronti dei figli, dicevano sempre di non aver commesso quel reato. E anche le figlie, intercettate telefonicamente, apparivano propense a credere ai genitori, non mai emerso che fossero a conoscenza di qualcosa». La prossima udienza sarà a settembre e si continuerà con i testi dell’accusa. 

Silvia Buffa

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