Duplice femminicidio a Palermo. Enia e Micaela erano semplici e apprezzate dal vicinato

La notizia l’ho appresa da cittadino di un condominio tranquillo. Anzi, un condominio superprotetto e controllato per essere proprio di fronte all’abitazione di un importante magistrato e a due passi dal commissariato di Polizia di Via Libertà, nel centro residenziale di Palermo.

Immerso nel mio lavoro, che spesso svolgo da casa, non ho sentito nulla di sospetto. Come tutti d’altronde. Anche perché basta una finestra aperta perché il rumore di una città caotica come Palermo copra tutto il resto e anche un duplice femminicidio così efferato, con eventuali urla o voci d’agonia, non possa essere percepito.

Prima il trambusto di pompieri e polizia, e poi le notizie su giornali online e televisioni, hanno trasformato una serata qualsiasi in una che ha sconvolto tutti i residenti. Ovviamente, stamattina non si parlava d’altro.  Tutto penoso anche perché ci si immagina sempre che queste cose accadano lontano. E non faceva nemmeno piacere l’assedio di decine di giornalisti che volevano sapere di tutto non appena si mettesse il naso fuori per andare a comprare un pacchetto di sigarette oppure per passeggiare il cane: quasi segregati dall’assalto di mezzi d’informazione fin troppo intrusivi nelle misere tragedie che di tanto in tanto possono colpire ovunque.

Ho scambiato solo due parole, quasi per caso, con la scientifica che aveva terminato il proprio penoso lavoro qualche interpiano al di sotto dell’appartamento dove vivo. Per avere chiaro qualcosa che poi era evidente. Uniche cose accertate di questa vicenda: “Due donne morte, evidentemente uccise, le indagini sono in corso. Tutto il resto, le ricostruzioni sui giornali con le ipotesi, sembrano come sempre, anche un poco imprecise”, mi hanno risposto.

Certo, ad apprendere dai giornali che l’omicidio sia collegato al suicidio alla stazione della metropolitana di piazza Giachery, è facile intuire che l’uomo, il romeno Gabriel Dimitro, marito di una delle vittime orrendamente sfigurata con colpi d’accetta o qualcosa di simile, abbia qualcosa a che fare con questo duplice femminicidio. Ma si devono aspettare i risultati della scientifica e altre indagini per avere un quadro completo.

Una cosa però è, purtroppo, sicura. Due giovani donne hanno perso la vita in modo veramente raccapricciante. Nel condominio le ricordiamo tutti: sono Henrika, chiamata Enia, con un cognome polacco che in molti non riusciamo a ricordare e tanto meno a pronunciare, e Micaela Gauril, romena.

Enia era una donna sulla trentina, relativamente piccola, bionda, di una grande gentilezza e con un bel sorriso ottimista. Tutti i condomini la ricordiamo in quegli incontri veloci in ascensore, in portineria oppure appena fuori, per la sua giovialità e cordialità. Parlava italiano abbastanza bene e lo usava sempre per dire due parole gentili a noi palermitani, in una terra non sua ma dove era stata accolta e apprezzata com’era: una ragazza che metteva un pizzico d’ottimismo nelle brevi conversazioni da portineria, anche con un solo “buongiorno” e “buonasera”.

La ricorda il signor Forti, titolare di una galleria d’arte a pianterreno, come una persona che non lesinava sguardi alle opere pittoriche esposte in vetrina e sempre con l’apprezzamento all’arte e alle cose belle di Palermo. Le cose che tutti apprezzano a Palermo: il tempo atmosferico molto più clemente che in Polonia, l’accoglienza dei siciliani, l’arte anche sotto casa propria.

E anche Micaela ispirava simpatia. Romena poco più di trent’anni, avevamo capito che doveva lavorare come badante perché, a detta del portiere dello stabile, usciva per lavorare la notte. Micaela dava l’impressione d’essere una lavoratrice onesta, determinata a stare in Italia con un lavoro che se anche richiede sacrifici è ben accetto e pagato correttamente. Una donna più alta della piccola Enia, più robusta, da lavoratrice com’era.

La notizia che siano state violentemente uccise tutte e due ci lascia con un vuoto e con un senso di raccapriccio e sconforto. Abbiamo capito che il femminicidio è arrivato così vicino al nostro luogo di residenza .

Il marito, come scritto dai giornali omicida-suicida, lo abbiamo visto tutti qualche volta scendendo e salendo ognuno dal proprio appartamento. Relativamente alto e fisicamente robusto, dava l’impressione d’essere, come molti romeni, un lavoratore edile. Un giorno, come racconta il portiere dello stabile, è stato presentato da Micaela: “Questo è mio marito”. E dunque aveva libero accesso all’appartamento della moglie dove però, pare non passasse ogni notte.

Incredibile sapere che le due cordiali inquiline siano state uccise così e lui si sia suicidato, forse in preda a una crisi di gelosia o per altri motivi che, per adesso, nessuno conosce.

Questa mattina, una grande tristezza avvolge il condominio di Via Di Marco nel ricordare Enia e Micaela.

Gabriele Bonafede

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