Dall’occupazione della Cattedrale di Catania agli arresti domiciliari. Daniele Giuseppe Di Stefano, 41 anni, netturbino della Senesi, è emerso nelle scorse settimane come uno dei leader della protesta del Duomo. Per primo, MeridioNews aveva ricostruito i suoi trascorsi. Di Stefano è stato arrestato ieri, in flagranza, dai carabinieri di Misterbianco. I militari lo hanno individuato mentre cercava di rubare cavi di rame e tubi d’acciaio in un cantiere edile in contrada Pezzamandra. Posto ai domiciliari in attesa del processo per direttissima, in cui dovrà difendersi dall’accusa di furto aggravato, l’uomo è stato poi raggiunto da un decreto motivato di liberazione del pm di turno. Secondo i carabinieri, era quasi riuscito a portare via centinaia di chili di rame e ferro, che sono stati restituiti al legittimo proprietario.
Come detto, Di Stefano è stato di recente tra gli animatori della protesta che è passata al secolo come «dei disagiati della Cattedrale». Lo scorso 4 dicembre, una quarantina di persone di Librino, San Giorgio e del Pigno, tra cui molte donne e anche qualche bambino, avevano preso possesso della navata destra del Duomo, per chiedere alle istituzioni cittadine, in primo luogo al Comune, un alloggio e un lavoro. Con il passare del tempo, il negoziato avviato dall’assessore ai Servizi sociali, Fortunato Parisi, è finito nelle secche. L’ex sindacalista Uil aveva prospettato loro un percorso incentrato su buoni casa da 250 euro mensili, tirocini formativi da circa 400 euro al mese e l’ipotesi di sistemare in un bed and breakfast per le persone che si ritrovano nelle condizioni più difficili. Ipotesi che non hanno mai convinto i manifestanti.
Intanto, l’amministrazione comunale aveva denunciato a più riprese il rischio che dietro gli occupanti ci fosse – anche – una sorta di strumentalizzazione. Daniele Di Stefano, conversando con MeridioNews, aveva invece raccontato una versione molto diversa, secondo cui Enzo Bianco, nel corso di un comizio a Librino nel giugno del 2013, si sarebbe impegnato ad aiutare quel gruppo di persone a trovare, per l’appunto, una casa e un lavoro. Impegno che, però, non avrebbe mai onorato. Tesi che sarebbe rafforzata, secondo il diretto interessato, da una foto che lo ritrae con il sindaco appena rieletto, in fascia tricolore. Una ricostruzione seccamente smentita dallo staff di Bianco e dallo stesso assessore Parisi.
Nel frattempo Di Stefano e sua moglie, a metà gennaio, erano stati colpiti da un avviso orale della Digos, una specie di ultimo avvertimento prima di spiccare il divieto (comunque mai arrivato) a mettere piede in Cattedrale. Poco dopo, era stata fornita alle redazioni una nota della questura etnea secondo cui l’uomo, in passato, avrebbe violato gli obblighi della sorveglianza speciale e avrebbe precedenti per favoreggiamento di soggetti coinvolti in un omicidio, oltre ai reati di tentato furto e spaccio di droga. Lo stesso, tra l’altro, sarebbe in possesso di un alloggio. Ma c’è di più. Era stato lo stesso netturbino 41enne a raccontare a MeridioNews di essere stato accusato di far parte, quasi dieci anni fa, del clan mafioso dei Cursoti milanesi. «Sono andato a processo nel 2009 – aveva spiegato – ma sono stato assolto per mancanza di prove, in tutti e tre i gradi di giudizio. Non c’entravo niente, non sono mafioso». L’ultimo pronunciamento del tribunale di Catania risalirebbe al 2014.
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