Dpef, Regione indebitata per 5,3 miliardi di euro

Il Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) varato in questi giorni dal Governo regionale e in discussione all’Ars rappresenta una autentica novità rispetto a quanto ci è stato propinato almeno nell’ultimo decennio dai Governi Cuffaro e Lombardo.

Novità che ci appaiono positive, non fosse altro che per l’impegno dichiarato di liberare risorse della spesa improduttiva per destinarli a spesa in conto capitale. Trasferimento di risorse che, ancorché annunciato, dovrà avvenire nei fatti. Anche se sul punto nutriamo delle perplessità, atteso che la spesa corrente è la fonte alla quale si abbeverano le più disparate forme clientelari e, quindi, queste faranno ‘u riavulu a qquattru‘ (tradotto per i non siciliani ‘faranno fuoco e fiamme’) pur di difendere i loro cespiti parassitari.

Intanto alcune notazioni contenute in sede analitica del recente passato confermano quanto LinkSicilia ha ripetutamente scritto sulle gestioni degli ultimi due anni. Ovvero, l’aumento vertiginoso dell’indebitamento che ha raggiunto i 5,3 miliardi di euro che incidono per il 3,5 per cento sulle entrate correnti, corrispondenti a un rateo annuo di oltre 650 milioni di euro: b) il declassamento del rating, cui le principali agenzie internazionali hanno emesso i loro verdetti: Moodys ha indicato BBA3 negativo, Standard & Poor’s BBB negativo e Fitch BBB negativo. Questi giudizi implicano l’obbligo di evitare altro indebitamento, perché avverrebbe a tassi iperbolici, non sopportabili dalle esigue finanze regionali.

Infine, il giudizio implicito che si legge a pagina 36 del documento, secondo il quale i guasti della gestione del Governo di Raffaele Lombardo sono sintetizzati nei saldi della competenza dei bilanci dal 2009 al 2011 nei quali si legge che nel 2009 il saldo della competenza era di un miliardo 366 milioni di euro e nel 2011 il saldo era passato a meno 3 miliardi 777 milioni di euro.

A fronte di questo andamento finanziario il Prodotto interno regionale (Pil) faceva segnare il seguente andamento: meno 2,0 per cento nel 2008; meno 4,3 per cento nel 2009: 0,1 per cento nel 2010 e meno 1,3 per cento nel 2011.

Un’altra constatazione di rilevante interesse è quella che accerta il costante “arretramento economico e sociale degli ultimi cinque anni che va ben oltre la congiuntura e sta diventando strutturale” e tale ciclo negativo sta ‘ridisegnando’ la mappa delle attività imprenditoriali con la scomparsa di interi settori industriali, caratterizzando la strutturale carenza di posti di lavoro. Constatazione di non poco momento ed era finalmente ora che qualcuno in sede istituzionale la facesse.

Il quadro progettuale che il documento propone parte dalla necessità di avviare la ripresa del processo di accumulazione della ricchezza prodotta al fine di rilanciare lo sviluppo, senza il quale l’economia regionale continuerà ad avvitarsi nella recessione come segnalato dal risultato del Prodotto interno lordo del 2012 che ha fatto registrare meno 2,7 per cento rispetto all’anno precedente che già concludeva un ciclo quinquennale anno su anno di assoluta tendenza negativa. La ripresa comporterà investimenti pubblici per i quali occorrerà l’intervento dello Stato centrale. Ma questa prospettiva impone che, da parte regionale, si acquisisca la necessaria credibilità attraverso politiche di contenimento delle spese correnti ed improduttive tali da assicurare misure capaci di avviare il rientro dall’esposizione debitoria.

A questo proposito il Documento dedica un intero capitolo (la sua seconda parte) al risparmio di spesa che riguarda un po’ tutte le rubriche del bilancio di competenza, seguendo un criterio selettivo molto attento, che si può riassumere nei seguenti punti:

1) contenimento della spesa corrente a favore della spesa in conto capitale;

2) riduzione dei costi di funzionamento a favore delle spese per i servizi;

3) efficienza ed efficacia delle entrate e miglioramento della gestione dei residui;

4) revisione dei meccanismi di spesa e riduzione dei costi del personale del settore pubblico allargato;

5) revisione dei regimi tariffari, dei canoni e dei procedimenti di riscossione;

6) razionalizzazione dei consumi intermedi mediante le centrali uniche di acquisto della Regione degli Enti locali e della Sanità;

7) valorizzazione del patrimonio immobiliare della Regione (l’aspetto positivo è che questa voce, dai 500 milioni di euro circa degli anni passati passa a 90 milioni di euro circa: e sono già tanti, perché questi soldi non si materializzano mai).

In estrema sintesi, questi sono i dati salienti del documento presentato dal Governo all’esame dell’Assemblea regionale siciliana e restiamo in attesa del responso di quest’ultima, sapendo in partenza che l’orientamento di fondo espresso dalla sua ideazione troverà parecchi ostacoli da superare e pertanto la battaglia sarà certamente aspra e tutta da seguire.

Ultima notazione. Il Dpef, per definizione, dovrebbe, guidare il Governo e l’Ars nell’elaborazione dei documenti finanziari (Bilancio e Finanziaria). Solo che il Governo ha già esitato il ‘bozzone’. che quindi è già stato elaborato. Quindi il Dpef in discussione a Sala d’Ercole è solo un esercizio di stile…

 

Riccardo Gueci

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