#doveapalermo, rubrica nata per caso ma subito virale Lannino: «Un modo per condividere la mia palermitudine»

Il più delle volte si tratta di un particolare, la cornice di una finestra o il profilo di un edificio. Appena un dettaglio, sufficiente però a stuzzicare la curiosità di chi osserva il suo profilo, desideroso di riconoscere il luogo misterioso ritratto nella foto. Una sfida che, ormai da settimane, coinvolge tantissimi utenti di Facebook che gareggiano solo per la soddisfazione di indovinare e di veder pubblicato il proprio nome. Per chi ancora non la conoscesse, si tratta della rubrica di Franco Lannino, giornalista fotoreporter palermitano di fama internazionale che, assieme al collega Michele Naccari, ha dato il via all’esperienza dell’agenzia fotografica Studio Camera. Con oltre 40 anni di professione alle spalle con le principali testate nazionali e locali, un po’ per diletto e un po’ per passione (quella smisurata per la sua città), ha dato vita a #doveapalermo. Una rubrica con oltre 2500 follower che, da circe due mesi, seguono quotidianamente il suo profilo.

«È iniziato tutto per gioco – racconta – Un giorno ho pubblicato sul mio profilo l’ingrandimento di una immagine che ritraeva Torre Sperlinga invitando i miei amici a indovinare il luogo. Ho pensato “vediamo che succede”. Inaspettatamente, notai molto interesse, e decisi di proseguire con quell’esperimento. Da lì un mio amico scherzando mi ha detto: “È cominciato il dove a Palermo?”, e io ho pensato: “Potrebbe essere un’idea”. Ho sempre nutrito una passione sconfinata per la mia città, e ne conosco ogni più recondito angolo. Incuriosito da dettagli e scorci meno noti, ho deciso di condividere questa passione con chi nutre lo stesso amore». Un passatempo che inizialmente lo impegnava solo un paio di volte al giorno, ma che ben presto si è trasformato in un impegno a tempo pieno, spingendolo a ‘programmare’ la rubrica. 

«I miei post erano molto seguiti e alla fine ho deciso di pianificare – prosegue – Prima pubblicavo quando capitava, però mi rendevo conto che non tutti si collegano durante il giorno. Così, ho fissato un appuntamento regolare alle 22, e la sfida dura circa un’oretta». Sì, perché i suoi lettori sono velocissimi, e in poco tempo svelano l’arcano: «Caspita sono micidiali, sono diventati bravissimi. A volte non mi danno il tempo di pubblicare, che dopo nemmeno 30 secondi già hanno risolto il rebus. In parte questo dipende dal fatto che la mia pagina conta oltre duemila iscritti iscritti e, per la legge dei grandi numeri, anche luoghi poco visti vengono riconosciuti da chi lì ci abita. Ma sono rari i casi in cui trascorre più tempo, di solito il mistero viene svelato entro 24 ore».

Un gioco, dopo settimane e decine di foto pubblicate, reso impegnativo dalla difficoltà di trovare sempre nuovi spunti, ma per Lannino questo non sembra un ostacolo: «La professione mi aiuta moltissimo – ammette – Conosco molto bene la mia città: io la palermitudine l’ho sempre avuta. So dove andare ma, ultimante, per cercare nuovi stimoli, sono diventati fonte di ispirazione anche i miei giri sulla vespa. E poi la foto, innanzitutto, deve essere bella, riflette lo sguardo del fotografo che osserva la città con un occhio diverso, più attento a certe sfumature. Ora siamo arrivati al punto che sono le persone a mandarmi in privato dei suggerimenti. È diventato un fenomeno virale, una cosa che mi rende felice perché, in questo modo, in tanti riscoprono il fascino della città che, nella frenesia quotidiana, spesso passa in secondo piano». 

Una creatività, la sua, che dai social sembra sempre trovare nuova fonte di ispirazione: dalla campagna virtuale durante le ultime amministrative, a un’altra rubrica, sempre sui social, ma stavolta sulle contraddizioni della città. Prima del #doveapalemo, è nato infatti il #soloapalermo, una appuntamento che mostra anche gli aspetti meno nobili della città: «Rappresenta quelle che io vedo come peculiarità in negativo, esempi di trash. Due rubriche distinte, che riflettono due facce della stessa medaglia, anche se, in un certo senso, la seconda bilancia la prima» conclude. 

Antonio Mercurio

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