«Qualche notte fa delle brutte persone sono entrate all’ecomuseo a Sant’Erasmo e hanno rubato alcune cose che usavamo nel nostro lavoro con i bambini, con le scuole e con gli abitanti del quartiere». L’annuncio è di quelli tristi, e altrove introdurrebbe discorsi legalitari e forcaioli, considerazioni pseudo sociologiche sulle periferie di Palermo, atteggiamenti nichilisti del tanto qui non cambierà mai niente. Al museo del mare, invece, un episodio comunque triste diventa l‘occasione per un party antifurto. Così, nell’ex deposito locomotive che da cinque anni è diventato l’ecomuseo urbano Mare Memoria Viva – un nuovo spazio di cultura e partecipazione dedicato al rapporto tra Palermo e il suo mare – grandi e piccini potranno festeggiare sabato 23 marzo fino alle 21 e 30. Ma come si arriva a un’idea del genere?
«Sabato era già in programma un laboratorio per bambini che fa parte del ciclo dei diritti – racconta Cristina Alga, tra le fondatrici e curatrici dell’ecomuseo – Manco a farlo apposta per questo appuntamento era prevista la discussione sul diritto al dialogo. Pensiamo che il furto comunque venga da un disagio di ascolto, è un gesto di rabbia, e siccome pensiamo che esistano altri modi per farsi ascoltare abbiamo deciso di aprire le porte. Di pomeriggio ci sarà dunque il laboratorio per bambini e alle 18 e 30, invece di chiudere come al solito, spazio alla festa. Abbiamo riscontrato una bella rete di solidarietà, sia dalle persone con le quali collaboriamo che dal quartiere». Il bottino è costituito da una macchinetta del caffè, il forno a microonde, le stufe, le stampanti e anche la boccia dell’acqua: oggetti importanti per un ecomuseo diverso dai soliti luoghi culturali, accogliente e sempre cangiante grazie al contributo partecipativo della popolazione.
Cristina respinge l’ipotesi che possa essere stata una «questione personale», e allo stesso tempo invita a riflettere, oltre che sulle possibili motivazioni del gesto, anche sul contesto che lo ha generato. Perché se è vero da una parte che nel quartiere l’episodio si aggiunge a quello, di qualche giorno fa, che ha visto incendiata la roulotte di un senzatetto, è altrettanto vero che si tratta di vicende che sono accadute un po’ ovunque, dal centro alle mille periferie della città. L’obiettivo dell’operatrice culturale, insomma, è quello di evitare le facili etichette. «Pensiamo che sia una semplice bravata – dice Cristina – Anche i modi sono stati un po’ spacconi: ci hanno lasciato dei post con scritto arrivederci e grazie. Certamente non ce l’aspettavamo, anche perché le attività dell’ultimo anno sono state molto partecipate. Comunque non ci scoraggiamo. Pensiamo dunque che il modo migliore di reagire sia la presenza nei territori, cercando il dialogo e la costruzione di relazioni di comunità. Forse qui è più difficile che altrove, ma più per la conformazione urbanistica di alcuni quartieri di Palermo: si tratta di enormi dormitori in cui non ci sono luoghi di aggregazione, non c’è neanche una piazza. E quindi ancora di più serve uno spazio come quello del museo».
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