Dopo 10 anni approvato il piano regolatore del porto di Palermo Mentre fa discutere il faraonico progetto da 5 miliardi di Eurispes

«Era il luglio del 2008 quando consegnammo il Piano Regolatore Portuale di Palermo. E dopo 10 anni in un altro torrido luglio, davanti ad un mare seducente, Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dei Mare di Sicilia Occidentale, annuncia la sua approvazione, ottenuta grazie ai suoi modi e alla sua tenacia». Non nasconde l’emozione Maurizio Carta, docente di Architettura e Urbanistica all’Università di Palermo e presidente della Scuola Politecnica. L’annuncio dell’approvazione del progetto che intende rilanciare il porto del capoluogo siciliano è arrivato ieri, nel corso del convegno Noi, il Mediterraneo … 12 mesi l’anno, dove il presidente Monti – a nove mesi dal suo insediamento presso l’authority che si occupa anche dei porti di Termini Imerese, di Trapani e di Porto Empedocle – ha annunciato lo sblocco del piano, che era fermo a causa di un contenzioso con il Comune

Tra moli sequestrati e aree abbandonate l’area portuale di Palermo negli anni era certamente non consona a quella di un capoluogo di regione, soprattutto di un’Isola e di una città che sempre più mirano al turismo. Non a caso all’incontro di ieri l’altro risultato raggiunto da Monti è l’impegno assunto da parte dei rappresentati delle maggiori compagnie crocieristiche italiane (Costa Crociere, Royal Caribbean e MSC) a investire sulla gestione dei terminal. Nell’immediato, dopo il dissequestro della stazione marittima e del molo Vittorio Veneto – per il riassetto dei quali sono stati stanziati 30 milioni di euro dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – è stata anche avviata la demolizione dei silos presso il molo Piave. 

Intanto in città in tanti festeggiano l’approvazione del piano regolatore portuale. A partire da Carta, che ha contribuito alla sua stesura e che su Facebook condivide la foto, ormai un po’ ingiallita, della tavola originale. Aggiungendo che «è per me un’emozione indicibile, una felicità immensa, un orgoglio smisurato per un progetto a cui sono stato sempre legato anche perché è stato un lavoro corale, intenso, che ha creato e consolidato amicizie, che ha generato ricerche e libri, altri progetti e concorsi, e che da oggi inizierà a produrre effetti concreti sulla vita della città». Il piano punta su un concetto caro alla storia di Palermo, ovvero quello della città porto e della città liquida

«L’obiettivo generale del nuovo Piano – si legge nella presentazione del 2008 – consiste nel riordino delle funzioni principali e nella loro razionalizzazione al fine di consentire un migliore uso e una migliore funzionalità degli spazi portuali. Le azioni che il nuovo Piano mette in campo sono rivolte, inoltre, ad aprire maggiormente il porto alla città, individuando e progettando quelle aree di “interfaccia città-porto”, aree permeabili e osmotiche che comunque non dovranno contrastare con le funzioni portuali e le nuove necessità della security dei porti. La diversa velocità di trasformazione dell’area portuale rispetto alla città, infatti, ha fatto sì che il porto si sia configurato, negli anni, come sistema in gran parte chiuso e separato dalla città, luogo marginale e produttore di disvalore urbano. L’Autorità Portuale di Palermo, in sinergia progettuale con il Comune di Palermo, ha quindi individuato come priorità una ridefinizione complessiva dei rapporti tra città e porto, non solo eliminando le barriere fisiche, ma soprattutto annullando le barriere funzionali e concettuali, portando funzioni urbane compatibili e ad alto valore aggiunto fino all’acqua».

Concetti netti, insomma, e che si legano nella visione del prp in sinergia con gli altri progetti urbani che riguardano la rigenerazione del territorio: dalla foce del fiume Oreto all’ex deposito delle Locomotive di Sant’Erasmo, dal carcere dell’Ucciardone all’area del mercato ortofrutticolo, dall’ex chimica Arenella a Tonnara Florio. E c’è già chi contrappone quest’idea di porto e di città col mega progetto del porto hub di Palermo, annunciato nei giorni scorsi dal centro studi Eurispes. Numeri faraonici – 435mila posti di lavoro, in grado di movimentare 16 milioni di container l’anno e dal costo di cinque miliardi l’anno – che dovrebbero essere realizzati alla Bandita. Il roboante progetto prevede una piattaforma che dovrebbe essere collegata con la costa all’altezza della Bandita, formando con essa una baia larga circa 300 metri e lunga tre chilometri, destinata agli sport acquatici e con 200 posti per le imbarcazioni da diporto in transito. Lungo la baia spazio poi a una spiaggia, in parte libera e in parte attrezzata e a impianti sportivi all’aperto per dieciettari, un parco urbano sul mare e spazi per il tempo libero con punti ristoro e negozi. 

Il progetto, che finora ha visto circolare solo qualche rendering (di non eccelsa qualità), verrà presentato nei dettagli martedì 24 luglio alla sala Alessi di Palazzo d’Orleans. Ma è bastato già l’annuncio per ottenere le prime indignate reazioni. Come nel caso di Sinistra Comune. «Il progetto di costruire ‘il più grande porto hub del Sud’, secondo il piano di fattibilità dell’Eurispes, per noi è insostenibile, anzi, è un autentico obbrobrio – ha detto Giusto Catania, capogruppo di SC – Sarebbe uno scempio della costa sud palermitana, oltretutto in contrasto con le direttive generali e lo schema di massima del Piano regolatore generale di Palermo. Una colata di cemento che rischia di vanificare gli sforzi fatti negli ultimi anni dalla amministrazione comunale per la riqualificazione e il recupero della costa sud. Non permetteremo che si realizzi un simile progetto, per di più sconosciuto agli enti preposti. Uffici comunali, Commissione urbanistica e Consiglio comunale nella sua interezza non hanno mai avuto contezza del progetto. Per questa ragione non ci sarà certo il nostro avallo a una operazione di speculazione edilizia che distruggerebbe soltanto un pezzo della costa palermitana».

Si mostra incredulo anche Pietro Ciulla, presidente del Wwf Sicilia Nord Occidentale. Che parla di «un fantomatico porto hub nel golfo di Palermo» al quale l’ambientalista preferisce lo stupore più che la preoccupazione perchè, a suo dire, «la cosa è così grossa ed eclatante che credere anche lontanamente alla sua possibile futura fattibilità sarebbe ingenuo». In effetti alcuni numeri, più di altri, lasciano al momento perplessi: secondo Eurispes a finanziare il faraonico progetto da cinque miliardi di euro dovrebbero essere i privati, e al momento si fa fatica a individuare chi possa aver la capacità di investire così tanti soldi, senza che ci sia ancora l’avallo delle istituzioni. Così come l’impiego di 435mila persone, che se fosse in contemporanea (ma non potrà esserlo mai) risolverebbe in una sola volta i problemi di disoccupazione della città e dell’Isola intera.

«Ricordiamoci che abbiamo subìto – continua il presidente della sezione occidentale del Wwf Sicilia – il sacco edilizio di Palermo, la devastazione della Conca d’Oro, la cancellazione della costa, l’abbandono del centro storico che solo ora sta rinascendo (e con quali problemi). Si sta finalmente pensando a un recupero della costa e del mare e ora vorremmo trasformare Palermo in un grande porto industriale? Una versione tragicomica di Palermo “tuttoporto”? La vocazione della nostra città deve essere quella di un centro della cultura, della bellezza e della natura, portatrice di posti di lavoro duraturi e pregiati. L’unica nostra vera prospettiva è quella della salvaguardia e valorizzazione dell’immenso patrimonio storico, sociale e ambientale che ciononostante ancora abbiamo».

Andrea Turco

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