Muscoli, muscoli e ancora muscoli. Per qualcuno questo oggi sembra essere l’unico comandamento. A giudicare da quanto emerso dall’indagine condotta dai carabinieri del Nas e dal comando provinciale di Palermo, che ha permesso di scoprire un business da 300mila euro annui basato sullo spaccio di sostanze dopanti e steroidi all’interno di palestre e in un negozio di integratori alimentari, basi operative dell’organizzazione criminale. In quattro sono finiti ai domiciliari, mentre sedici sono stati iscritti nel registro degli indagati. Molti di loro sono atleti e body builder, che assumevano di tutto pur di ottenere i risultati sperati nel minor tempo possibile, ma tra loro c’è anche un infermiere, che si occupava delle flebo e delle somministrazioni per endovena. Ma non tutti sono interessati alle competizioni e ai risultati delle gare da taroccare.
L’odierna indagine, infatti, getta uno spiraglio di luce su un aspetto del fenomeno del doping oggi tanto diffuso quanto piuttosto nell’ombra. E rispetto al quale la legge può fare ben poco, se non addirittura niente. Quello del doping per bellezza. Atleti, cioè, che non si dopano per vincere competizioni, ma solo per apparire muscolosi e desiderabili. «C’è un numero oscuro, purtroppo temiamo molto grande, di consumatori che lo fanno solo per fini estetici. Il cosiddetto doping estetico che ora, anche con la riforma legislativa, non è più perseguibile perché non fanno gare, non partecipano a nessuna competizione, lo fanno solo per mettere su questi muscoli e apparire belli d’estate in spiaggia – spiega il tenente colonnello Vincenzo Maresca, comandante del gruppo per la tutela della salute di Napoli -. Quindi nessuno può dire loro niente di niente, perché non c’è più il reato, che presuppone che il doping sia fatto per alterare una prestazione sportiva, c’è dietro un dolo specifico, mentre ora in molti casi è solo fatto per bellezza. Ma si rovinano la salute, sono belli fuori ma malati dentro, in sostanza».
Se la rovinano perché, al pari di chi assume sostanze dopanti al fine di alterare in proprio favore l’esito di una gara, queste persone sono disposte ad assumere qualunque tipo di farmaco. Specie quelli destinati agli animali. «Molti prendono gli ormoni, che si usano per i cavalli, ma è chiaro che quello che si usa su un animale del genere, per stazza e peso, non può essere uguale a quella destinata a un uomo – spiega ancora il comandante Maresca -. A volte le dosi assunte sono addirittura 20-30 volte superiori a quelle previste per l’uomo, se non si tratta di farmaci esclusivamente per uso veterinario». Usi impropri che hanno delle conseguenze sul corpo di chi assume medicine destinate agli animali. Degli effetti collaterali, in un certo senso. Ma la consapevolezza delle ripercussioni non sembra scoraggiare abbastanza gli assuntori.
Che si limitano, secondo quanto emerso nell’indagine di oggi, a lamentarsi coi fornitori che, quindi, oltre allo steroide devono procurare anche un farmaco lecito per alleviare sintomi e dolori, ritrovandosi a dare consigli medici pur non essendo medici. Tanto che alcuni di loro dovranno rispondere di abuso della professione sanitaria. Spaccio di sostanze dopanti, insomma, che cammina in parallelo allo spaccio di sostanze lecite, dai farmaci per disintossicare il fegato a quelli per evitare i capogiri, fondamentali per coprire le conseguenze del doping. E permettere agli ossessionati di muscoli di sentirsi tanto belli fuori da riuscire ad ignorare tutto il male dentro.
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