Domani si ricorda la nascita di Antonio Canepa, padre nobile di una Sicilia che si può solo immaginare

LA SUA VITA’ SARA’ UNA CONTINUA AVVENTURA CONTRO FACISTI E POTENTI. LA SUA MORTE RIMANE ANCORA OGGI AVVOLTA NEL MISTERO

Domani si ricorda la nascita di Antonio Canepa, forse il più grande rappresentante della stagione politica e sociale del Separatismo siciliano che culminerà, nel 1946, nella conquista dell’Autonomia da parte della nostra Isola. Lo Statuto, che dal 1957 ad oggi viene costantemente vilipeso, nasce grazie alle lotte dei separatisti siciliani (il richiamo al 1957 non è casuale: è l’anno delle discutibile e contestata sentenza della Corte Costituzionale, allora appena istituita, che assorbiva le competenze dell’Alta Corte per la Sicilia).

Come ricorda Giuseppe Scianò, il battagliero leader del Fronte nazionale siciliano, Canepa era nato a Palermo, il 25 ottobre del 1908, ne popolare e popoloso e allora anche industrioso quartiere della “Cala” e di Piazza Marina.

Giovane di grandi capacità intellettuali, sarà Docente presso le Università di Palermo e di Catania.

La vita di Canepa sarà piuttosto avventurosa. Comincia a fare politica giovanissimo in un gruppo di antifascisti. Inizia con un tentativo di colpo di Stato a San Marino. Andrà male e verrà arrestato e internato in un manicomio (i fascisti, come poi faranno i comunisti sovietici in modo più ‘scientifico’, prendevano per matti i dissidenti).

Dopo questo primo ‘incidente’ diede a intendere che si sarebbe dedicato agli studi. Nel 1937 dà alle stampe un libro: Sistema di dottrine del fascismo. I fascisti – nonostante la vigilanza del Minculpop – erano piuttosto distratti e arrivarono perfino a lodare questi tre volumi che facevano, di fatto, la fronda al regime.

Se ne accorsero, invece, al Popolo d’Italia, che scatenarono un mezzo putiferio contro un lavoro che celebrava Carlo Marx.

 

Sempre nel 1937 Canepa andrà ad insegnare all’Università di Catania Storia delle dottrine politiche e Storia dei trattati internazionali.

A Catania passava per un docente ligio al regime. In realtà, organizzava i primi nuclei di Giustizia e Libertà. Secondo alcune fonti, era anche in contatto con i Servizi segreti inglesi.

Alla scoppio della Seconda guerra mondiale è in prima fila nei nuclei di Sicilia e Libertà di Catania, legandosi ad Andrea Finocchiaro Aprile, che già lavorava per l’Indipendenza della Sicilia.

Matura così la sua adesione all’Indipendentismo siciliano con un celebre saggio dato alle stampe nel 1942: “La Sicilia ai siciliani”. Il libro venne molto letto a Catania, ma anche a Palermo, a Messina e in altre parti della Sicilia.

Questo saggio è ancora oggi molto attuale. Canepa ripercorre la storia della nostra Isola. Ricordando che “la Sicilia si è trovata male sotto qualunque governo”. Come dargli torto? L’autore – che conosceva benissimo le stragi perpetrate da Casa Savoia nel Sud d’Italia nei primi 30 anni della ‘presunta’ Unità del nostro Paese, arriva alla conclusione amara che “la Sicilia si è trovata malissimo sotto il governo italiano” e “ancora peggio sotto il governo fascista”. E conclude: “Per noi siciliani è questione di vita o di morte: separarci o morire”.

Se guardiamo oggi quello che ha combinato in due anni il Governo regionale di Rosario Crocetta le parole di Canepa sembrano profetiche. Nell’anno di grazia 2014, mese di ottobre, la Regione presenta un ‘buco’ di 3 miliardi di euro! Ebbene, oltre 2 miliardi di euro se li è ‘succhiati’ in due anni il Governo nazionale: 915 milioni di euro il Governo Letta, un miliardo e 350 milioni di euro circa quest’anno il Governo Renzi (nel giugno scorso ha promesso che ne avrebbe restituiti 550: ancora li aspettiamo, mentre intere categorie sociali della nostra Isola sono alla fame, private, in alcuni casi, degli stipendi).

Il Separatismo siciliano, è noto, ebbe un volto poco nobile nei latifondisti, che albergavano nella parte occidentale dell’Isola (Palermo in testa), notoriamente parassitaria. Mentre nella parte orientale – Catania in testa – culturalmente ed economicamente vivace, il Separatismo, oltre ai nobili illuminati, registrava adesioni di vario genere, quasi tutte imperniate sul rilancio economico e produttivo dell’Isola.

Di questa Sicilia orientale Canepa rappresentava il Separatismo colto, illuminato, legato alle istanze economiche del territorio, alle imprese, anche se con l’occhio rivolto alla crescita delle classi meno abbienti.

Qualcuno ha visto in Canepa anche istanze socialiste. Di fatto, insieme con Antonino Varvaro – personaggio che presenta comunque qualche linea di ambiguità – Canepa rappresenterà la Sinistra del Movimento Separatista, spesso in polemica con i latifondisti.

Canepa è il fondatore dell’Evis, Esercito volontario per l’indipendenza siciliana. Antifascista convinto, sarà in prima linea nel sabotaggio dell’aeroporto di Gerbini, a Catania, contro i tedeschi.

Le cronache lo danno in contatto con il Pci. Ma questo rapporto è stato sempre negato. Noi, invece, un po’ ci crediamo. Per un motivo semplice: perché il professore Francesco Renda, storico, e dirigente del Pci, ha sempre detto e scritto che Canepa non ha avuto rapporti con i comunisti. Siccome il professore Renda, su quegli anni, ha sempre patrocinato, in alcuni casi, tesi inverosimili (come la tesi che la mafia non ebbe alcun ruolo nello sbarco degli anglo americani in Sicilia nel 1943), noi siamo propensi a credere all’esatto contrario di quello che dice il professore Renda.

Nel 1944, dopo una breve pausa nel Nord Italia, Canepa tornerà a Catania, che alla fine era diventata la sua città. Forse, la vera storia di Canepa – quello che fece con il pseudonimo di Mario Turri e la sua morte che resta ancora oggi misteriosa – lo sa solo Canepa.

Quello che possiamo dire è che gli americani – che all’inizio appoggiavano il Movimento separatista – a un certo punto optano per la Dc.

I separatisti vengono invischiati – così come la banda di Salvatore Giuliano – nella strage di Portella della Ginestra, l’1 maggio del 1947. Tirati in ballo – banda Giuliano e separatisti – per coprire un’operazione stragista organizzata probabilmente da americani e mafiosi che operavano d’amore a d’accordo, con buona pace di certi storici.

Oggi Scianò ci ricorda che Canepa, ai giovani dell’Evis, parlava sempre di progresso, di libertà e di rinascita economica della Sicilia. “Non a caso – ricorda ancora Scianò – il Canepa-Turri impose ai giovani dell’Evis, accampati nei boschi di Cesarò e di San Fratello, oltre che la specifica preparazione militare, anche la preparazione culturale e politica al servizio esclusivo del popolo siciliano”.

Antonio Canepa morirà il 17 giugno del 1945, ucciso dai Carabinieri, alle porte di Randazzo, in Contrada Murazzu Ruttu. Con lui perderanno la vita due giovani: Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice. (sopra, foto di Santo Trovato) 

Morirà quando i ‘giochi’ erano già stati decisi. Con la mafia che si apprestava ad entrare nel sistema dei Partiti politici della futura Repubblica italiana.

Chi volle la sua morte? I mafiosi non l’amavano. Avevano più volte tentato, senza riuscirsi, di infiltrare picciotti nell’Evis.

Non l’amavano i Separatisti-latifondisti che si illuderanno, morto Canepa, di trovare spazio tra i vecchi liberali, che non conteranno nulla, e tra i democristiani che, nel 1950, gli concederanno solo una legge di riforma agraria regionale ‘confezionata’ più sulle esigenze del ‘Triangolo industriale’ Milano-Genova-Torino (in questo il filosofo siciliano socialista, Mario Mineo, capirà tutto prima degli altri) che sugli interessi degli stessi latifondisti.

Non l’amavano gli americani. E nemmeno i nascenti Partiti politici.

La sua morte, alla fine, agevolerà una certa Sinistra che poi, lungo l’asse Palermo-Partinico, farà molta strada nel Pci. Questa è storia.

Il resto è un mistero italiano. Uno dei tanti.

Foto di prima pagina tratta da ecodegliblei.it

 

 

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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