Documentario su Ninni Cassarà «Siamo cadaveri che camminano»

Ninni Cassarà, un bravo poliziotto: è il titolo del documentario realizzato da Francesco La Licata e Stefano Ribaldi che Rai Cultura, in collaborazione con la Scuola Superiore di Polizia di Roma, propone domani, lunedì 8 dicembre, alle 12.45, su Rai3. La regia è di Silvia Mattioli. 

Nel corso del programma verranno mostrate tante interviste che ricordano il Vice capo della Squadra Mobile di Palermo, come quella a Paolo Borsellino:

 «Ricordo ciò che mi disse Ninni Cassarà allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dov’era stato ucciso il dott. Montana, alla fine del luglio 1985- racconta Borsellino- Mi disse: Paolo, convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano». 

E’ il 6 agosto del 1985 quando un commando mafioso uccide a colpi di kalashnikov  Cassarà,  che aveva solo 38 anni. Insieme a lui cade anche Roberto Antiochia. L’ennesima esecuzione di mafia nel capoluogo siciliano che in quegli anni ha visto cadere oltre duemila vittime sotto i colpi dei sicari dei boss, in un lungo elenco di lutti che si apre con l’omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo nel 1977 e si chiude con le stragi del ’92.

«Nella Palermo di quegli anni – racconta Antonio Calabrò, in quegli anni giornalista dell’Ora e amico di Cassarà – c’era una parte minoritaria di opinione pubblica che aveva chiaro il primato dello Stato e della legalità. Ninni faceva parte di loro, erano una minoranza. Poi, c’era una Palermo larga, grigia, indifferente, complice e colpevole». 

La moglie pone l’accento su un altro aspetto: «Non c’era un coinvolgimento tale da parte delle Istituzioni che potesse farlo sentire protetto – dice la vedova Laura Cassarà – La sua voglia di arrivare alla verità non era ancora condivisa da tutti, stiamo parlando di 30 anni fa, e questo lo ha portato all’isolamento. Ma il lavoro di Ninni ha avuto un’importanza e un’influenza notevole». 

Cassarà  ha saputo gettare le basi di quella lotta alla mafia che ha ottenuto uno dei suoi più grandi risultati con il maxi processo voluto da Giovanni Falcone.

Redazione

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