Docenti senza qualifica preferiti agli abilitati Polemica all’inizio dell’anno scolastico

È appena iniziato l’anno scolastico, non tutti gli incarichi di insegnante sono ancora stati assegnati, ma sono già scoppiate le polemiche in merito alla scelta dei docenti. Alcuni non abilitati all’insegnamento, secondo la denuncia del Coordinamento del gruppo di docenti abilitati del Tfa, saranno preferiti agli abilitati semplicemente perché le graduatorie di istituto, da cui ogni scuola attinge per avere i docenti necessari alla didattica annuale, verranno aggiornate l’anno prossimo. L’aggiornamento «permetterebbe il riconoscimento del titolo abilitante e quindi il passaggio dalla III alla II fascia», spiegano i neo abilitati, ma poiché non verrà fatto «quest’anno molti insegnanti abilitati grazie al Tfa non entreranno in classe in quanto il loro titolo, faticosamente conseguito, non viene riconosciuto dallo stesso Stato italiano che lo ha conferito».

Una situazione un po’ paradossale per cui gli aspiranti docenti si sentono presi in giro anche in considerazione del fatto che «il Ministero aveva invitato le Università a chiudere il primo ciclo del Tfa entro l’estate in modo tale da poter spendere l’abilitazione fin da quest’anno scolastico (nota del 17 aprile 2013)». Si chiedono quindi «cosa impedisce al Ministro di emanare un decreto che permetta a noi di aggiornare la nostra posizione e alle scuole di dare la precedenza a noi abilitati rispetto ai colleghi non abilitati nelle graduatorie di istituto?».

Lamentele inoltre riguardano il percorso abilitante speciale, adottato con delle modifiche al decreto ministeriale numero 249 del 2010 dall’ex ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo, dopo la constatazione del fatto che esistono moltissimi laureati che hanno alle spalle diversi anni di insegnavano e che quindi, «nella realtà il tirocinio lo hanno già fatto». Un percorso considerato ingiusto dal Coordinamento perché crea percorsi abilitativi diversi che richiedono diverse qualifiche, come diversi controlli. «Occorrono tre anni di servizio, di cui almeno uno nella materia in cui ci si vuole abilitare. Non importa come le persone abbiamo lavorato in quei tre anni o più. Nessuno controllerà ciò che è stato fatto e come, nessuno entrerà nelle loro classi come è accaduto a noi, per valutare le competenze didattiche, pedagogiche e disciplinari».

Divergenze anche nella votazione minima per l’abilitazione: 60/100 nel caso del Tfa speciale, 70/100 nel caso di quello ordinario. «Nessun numero chiuso – inoltre – per noi sì invece, nessuna selezione iniziale, per noi è stata tripla». Non vogliono scatenare una diatriba tra insegnati, ma sottolineare le differenze tra abilitati e non, e a chi sostiene che i neo abilitati al Tfa siano neolaureati senza esperienza rispondono che «l’età media degli idonei di questo TFA è di 37/38 anni. Si tratta cioè nella maggior parte dei casi di insegnanti con esperienza sul campo, che lavorano già da diversi anni e che, a differenza di altri colleghi anch’essi precari, si sono sottoposti ad una selezione e l’hanno superata».

E poiché i docenti considerano questa situazione un colpo di bastone da parte del Ministero non solo ai loro danni, ma anche per gli studenti e le loro famiglie, li invitano a ribellarsi inviando un email al ministro Maria Chiara Carrozza, al presidente della commissione cultura del Parlamento Giancarlo Galan e alle istituzioni regionali. «Preoccupatevi degli insegnanti che i vostri alunni hanno e avranno in classe. Pretendete che la selezione degli insegnanti, come quella degli alunni, sia basata sul merito», concludono.

[Foto di SESI SP]

desireemiranda

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